sabato 30 luglio 2011
La tentazione ci allena, il dubbio è un tormento. Lui, però, non era tormentato dalla tentazione. Tra le prove e il suo grido: Non credo più! c'era la differenza che distingue l'assenza dal nulla. Il suo posto non è vuoto; non vi è nulla.

In questi giorni che segnano per me e per molti lettori l'avvio della sosta estiva, mi è capitata tra le mani la prima versione italiana del romanzo, L'impostura, che lo scrittore cattolico francese Georges Bernanos aveva pubblicato nel 1927. Lo sto rileggendo e mi impressiona la figura di questo sacerdote, l'abbé Cénabre, che precipita nel gorgo dell'incredulità divenendo in pratica un prete ateo, un ministro di Cristo che non crede in Cristo. Ho scelto poche righe che invito a scandire lentamente, soprattutto nella sottile ma acuta distinzione tra «assenza» e «nulla»: sì, l'assenza non è identica al nulla. E questo sacerdote è ormai andato oltre la tentazione: essa è per certi versi preziosa, perché ci allena (Cristo stesso vi si sottopone). È andato oltre il dubbio lacerante che tormenta e quindi tiene vigile la coscienza.
Egli è andato oltre anche l'assenza di Dio, ossia il suo silenzio. Il posto vuoto in casa è pur sempre il segno che manca qualcuno che si rimpiange o si attende di nuovo. No, nell'anima dell'abbé Cénabre non c'è più uno spazio vuoto da colmare, c'è semplicemente il nulla. Perciò, non si può neppure dire che sia ateo nel senso nobile del termine, cioè che viva con un'assenza con la quale si confronta. Per lui ormai è il nulla il grembo che lo sta risucchiando, un atteggiamento che non permette nemmeno di sentire la mancanza della fede e dell'amore, della realtà e della ricerca. Per questo, egli già da giovane seminarista «non sapeva voler bene… neppure a sé stesso». Può essere in agguato per tutti questo rischio, questo vuoto che non è un'assenza, ma il nulla.
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