sabato 16 marzo 2019
«L'arte non dovrebbe mai cercare di rendersi popolare. È il pubblico che dovrebbe cercare di rendersi artistico. C'è un'enorme differenza». L'affermazione di Oscar Wilde, per nulla paradossale, valida sempre, è quanto mai necessaria al giorno d'oggi. Il mercato produce arte e cultura fruibile, facilmente vendibile. Per limitarci al nostro Paese, la televisione, che negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento contribuì energicamente alla crescita culturale del paese, è da lustri diseducante. Le librerie traboccano di biografie di calciatori e personaggi televisivi. Cantanti considerati poeti, blog di poesia gestiti da esibizionisti illetterati che non sanno chi sia Leopardi. Ma il pubblico, vale a dire coloro che acquistano un libro o si recano alla mostra di Van Gogh, non essendo esperti, il pubblico può reagire. Accostando l'arte come un grande risultato dell'uomo e un mistero. Cercando di avvicinare l'opera di un artista che ha in quell'opera profuso la sua vita. L'artista non deve rifiutare a priori di essere compreso, nascondendosi in oscurità volontarie che sempre celano insicurezza. Ma deve essere libero di operare nel mistero, che neppure egli stesso potrebbe spiegare. Il pubblico deve andare all'opera d'arte, non il contrario. Come? Riscoprendo meraviglia, capacità di stupore, senso di ammirazione.
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