L’annuncio sui social: prove di strutturazione
sabato 25 gennaio 2025
È in corso a Roma, da ieri, il “Giubileo del mondo della comunicazione”, ma i “missionari digitali e influencer cattolici” non vi parteciperanno, almeno formalmente: il calendario dell’Anno santo ha fissato per loro un’altra data, quella del 28-29 luglio, coincidente con l’inizio del Giubileo dei giovani. Il Dicastero per la comunicazione ha aperto allo scopo un apposito sito (bit.ly/4h0IY03), che per il momento è prevalentemente a servizio dell’organizzazione dell’evento, e un account Instagram (bit.ly/4h5vZKt). Nella penultima delle newsletter che mons. Lucio Ruiz invia regolarmente al gruppo di missionari digitali de “La Chiesa ti ascolta” (28 novembre), ben noto ai lettori di questa rubrica, il segretario del Dicastero ha raccomandato loro di prepararsi a «vivere questo Giubileo come comunità» e allo scopo ha proposto per il 7 dicembre un webinar via Zoom con mons. Rino Fisichella (bit.ly/4g3aLM9), che dell’organizzazione del Giubileo è il responsabile. Nella newsletter successiva (6 gennaio) invece mons. Ruiz ha offerto un bilancio dell’anno che i missionari digitali hanno trascorso, ricordando i passi istituzionali compiuti, soprattutto attraverso il Sinodo, verso la definizione e il riconoscimento della «missione negli spazi digitali», e ringraziando ciascun membro del gruppo per la sua fede, per la sua testimonianza e per la sua missione «che, negli spazi digitali, trova un’espressione propria della nostra cultura contemporanea...». La missione digitale Il proseguire oltre il Sinodo dell’impegno della Santa Sede a offrire un concreto quadro di riferimento istituzionale per la missione digitale conferma ciò che si riscontra anche a livello di singole iniziative, e cioè che l’evoluzione di chi si impegna a evangelizzare la Rete e attraverso la Rete non va solo verso la trasformazione in un’impresa editoriale, ma guarda a una strutturazione in forme comunitarie. In Italia continua a camminare in questa direzione il popolarissimo don Alberto Ravagnani, con l’aps “LabOratorium”, «al servizio dei giovani che vogliono avere una voce nel mondo digitale e nei media» (bit.ly/3rC55lz), e con la community “Fraternità” (bit.ly/40nZj7P), che, attraverso raduni e altre iniziative, vuole trasformare in relazioni personali concrete e fraterne i legami creati dalla “sequela” digitale. Più circoscritto quanto ai destinatari ma più impegnativo quanto ai traguardi il passo al quale si prepara “Word on Fire”, il sito statunitense di evangelizzazione online fondato dall’attuale vescovo Robert Barron e assai noto nel mondo anglofono. Festeggiando i 25 anni di vita, ha indicato al primo posto (bit.ly/4azCP8D) tra le priorità per il suo futuro l’«istituzione di un ordine sacerdotale di “Word on Fire”», che prosegua l’opera di Barron e «assicuri la permanente efficacia e l’espansione dell’impegno di evangelizzazione» nato con il sito. Si parla di iniziare con 3/5 preti e 3/5 novizi, di una Regola già preparata dal vescovo e del dono di una sede, dove il gruppetto potrà vivere in comune e ricevere una formazione avanzata. Non farsi illusioni Si può leggere nel senso non proprio di istituzionalizzare, ma almeno di mettere ordine nell’evangelizzazione online il libro “Come parlare di Dio nelle Reti. Una guida per ispirare trascendenza nell’oceano digitale” che il sacerdote spagnolo Pablo López González ha appena pubblicato per l’editrice Sekotia di Córdoba. L’autore è prete dal 2016 e, come tanti confratelli e consorelle in questa nuova missione, deve al Covid la spinta a essersi affacciato sui social. Attualmente collabora con le piattaforme “Jóvenes Católicos” (bit.ly/3Ci79be) e “Se buscan rebeldes” (bit.ly/4juMFfW), che solo su Instagram hanno rispettivamente 124mila e 131mila follower, nonché con la diffusissima app di preghiera a pagamento “Hallow”. In un’intervista di presentazione del libro, pubblicata su “Omnes” anche nell’edizione italofona (bit.ly/3C9j5w1), don Pablo López mostra di avere le idee chiare su questo apostolato. Descrive alcune strategie efficaci: essere coerenti, offrire una varietà di contenuti e formati, essere brevi, non ripetersi, proporre domande aperte che facciano pensare. Considera un errore «concentrarsi sulla ricerca di follower e di cercare di fare post “clickbait”», perché «l’evangelizzazione richiede di parlare con il cuore e con l’esperienza e ci sono cose che non possono essere inserite in formati “facili”». E raccomanda di non farsi illusioni: «Chiunque evangelizzi nelle reti vede la sproporzione tra il lavoro svolto e i frutti prodotti». © riproduzione riservata
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