sabato 23 gennaio 2021
Quando si vuole definire una persona, identificandola a partire da una sua caratteristica, si usa dire che quella è “il suo biglietto da visita”. Perché, in maniera immediata, un biglietto da visita può dirci tanto di chi ce lo porge, e non solo dei suoi riferimenti ma anche del suo carattere, della sua personalità. Ovviamente non si parla del “Dott. Grand. Uff. Lup. Mannar.” di fantozziana memoria, ma d'altra parte non è un caso se esistono società di servizi che, tra le altre cose, offrono consulenze su come fare i biglietti da visita, a seconda di che cosa si voglia trasmettere all'interlocutore. Sono molte, segno che la domanda esiste, e se ne possono trovare anche online, che offrono tutorial gratuiti. A suggerire una certa sfumatura, un carattere tipografico invece dell'altro, questo o quel colore, tutti piccoli dettagli che possono fare la differenza. Un qualcosa un po' impersonale, forse, perché punta non sulla sostanza ma sull'impressione. Ma dicono che funziona, specie oggi che non si ha tempo da perdere a fare conoscenza.
Tant'è vero, ci ha spiegato domenica scorsa Papa Francesco, che Gesù no. Lui non ci porge un biglietto da visita, il suo è un invito a incontrarci, uno per uno. Personalmente. È quanto dimostra quando Giovanni Battista lo presenta – «Ecco l'agnello di Dio» – ai suoi primi discepoli: «Loro gli domandano: “Maestro, dove dimori?”. Gesù non risponde: “Abito a Cafarnao o a Nazaret”, ma dice: “Venite e vedrete”. Non un biglietto da visita – ha detto il Papa – ma l'invito a un incontro. I due lo seguono e quel pomeriggio rimangono con Lui. Non è difficile immaginarli seduti a farGli domande e soprattutto ad ascoltarLo, sentendo che il loro cuore si riscalda sempre più mentre il Maestro parla. Avvertono la bellezza di parole che rispondono alla loro speranza più grande. E all'improvviso scoprono che, mentre intorno si fa sera, in loro, nel loro cuore, esplode la luce che solo Dio può donare. Una cosa che attira l'attenzione: uno di loro, sessant'anni dopo, o forse di più, scrisse nel Vangelo: “Erano circa le quattro del pomeriggio”, scrisse l'ora. E questa è una cosa che ci fa pensare: ogni autentico incontro con Gesù rimane nella memoria viva, non si dimentica mai. Tanti incontri tu li dimentichi, ma l'incontro vero con Gesù rimane sempre».
Lo ricordi in quanto il suo è l'invito di chi ha interesse in te, non un invito generico, in serie, buono per ogni stagione e per questo, alla fine, impersonale. Al contrario, «ogni chiamata di Dio è un'iniziativa del suo amore. Sempre è Lui che prende l'iniziativa, Lui ti chiama. Dio chiama alla vita, chiama alla fede, e chiama a uno stato particolare di vita: “Io voglio te qui”. La prima chiamata di Dio è quella alla vita, con la quale ci costituisce come persone; è una chiamata individuale, perché Dio non fa le cose in serie. Poi Dio chiama alla fede e a far parte della sua famiglia, come figli di Dio. Infine, Dio chiama a uno stato particolare di vita: a donare noi stessi nella via del matrimonio, in quella del sacerdozio o della vita consacrata».
È la chiamata a partecipare a un grande progetto, quello che Dio ha su ciascuno di noi. Un progetto che non ha nulla di predeterminato, ma di cui siamo noi i protagonisti, chiamati a scrivere la nostra storia. Un progetto «che è sempre un disegno d'amore. Dio chiama sempre. E la gioia più grande per ogni credente è rispondere a questa chiamata, offrire tutto sé stesso al servizio di Dio e dei fratelli». L'amore, è questo, e non un cartoncino tra mille, il biglietto da visita di Dio.
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