sabato 5 marzo 2011
Vedo un individuo circondato e seguito; ma occupa una posizione importante. Ne vedo un altro che tutti cercano di avvicinare; ma è in ascesa. Ecco uno abbracciato e coccolato persino dai politici; ma è ricco. Un altro è guardato con curiosità e additato da tutti; ma è colto ed eloquente. Ne scopro uno che nessuno dimentica di salutare; eppure è cattivo. Io vorrei, invece, un uomo che sia buono - e nient'altro - ma che sia ricercato da tutti!

Amara è questa rilevazione che il grande moralista francese Jean de La Bruyère registra nella sua celebre opera I caratteri (1688). Sei una persona di successo, sei in carriera, sei ricco, sei un conduttore televisivo, sei una canaglia ma furbo? Ebbene, non ti mancherà mai il corteo degli ammiratori, pronti a stenderti davanti la passatoia rossa, a esaltare come virtù anche i tuoi vizi, a sperare in un tuo gesto d'attenzione. Sei un onesto ma poveraccio? Sta certo, avrai come compagna solo la tua coscienza
e, al massimo, chi ti ama veramente. Mai, però, una folla plaudente celebrerà il tuo rigore morale.
Purtroppo questa è una legge costante e, allora, mano alla manovella dell'adulazione, ai grani d'incenso, alle lodi improbabili perché, se è vero che la piaggeria è il cibo degli stupidi ma potenti, è anche vero che risulta sempre gustosissimo. Persino Goethe, nelle sue Massime e riflessioni, si rassegnava ad affermare che «chi non ha doti deve imparare ad adulare se vuole cavarsela nel mondo». Siamo indenni da questo difetto miserabile, solo se siamo pronti a cercare l'amicizia anche della persona semplice ma integra, solo se abbiamo dignità, solo se non mettiamo le nostre risorse umane al servizio del successo a ogni costo, solo se non abbiamo come unico metro di giudizio il nostro interesse, solo se scegliamo di lodare esclusivamente il giusto, il vero, il bene.
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