martedì 5 agosto 2003
Acque, siete voi a darci la forza della vita. Aiutateci a trovare nutrimento così che ci tocchi grande gioia. Partecipiamo della suprema delizia della vostra linfa vitale, come foste madri affettuose e, così, procediamo spediti verso la casa di Colui per il quale voi acque ci date vita e ci mettete al mondo. Qualche tempo fa il vicepresidente della Banca Mondiale, Ismail Serageldin, ha dichiarato che «se le guerre del secolo scorso sono state combattute per il petrolio, quelle del secolo prossimo avranno come oggetto del contendere l'acqua». E l'acqua è stata assunta a tema di riflessione e di impegno per quest'anno dall'Onu, nella consapevolezza del rischio che questa creatura di pace e di vita possa paradossalmente essere trasformata in segno di lotta e di morte. Le guerre dell'acqua è, appunto, intitolato un libro interessante di Vandana Shiva, fisica ed economista indiana (ed. Feltrinelli). Questo saggio si apre con alcuni versi di un antico inno del Rig Veda, uno dei testi sacri indiani, versi che oggi proponiamo alla meditazione comune. Forse alcuni leggeranno quelle parole proprio davanti a un torrente o nel verdeggiare di un prato irrorato d'acqua. È facile che noi, appartenenti a una civiltà industriale, non sappiamo più ringraziare Dio per il dono di «sora acqua, la quale è molto utile et umile et pretiosa et casta», come diceva san Francesco. Essa è essenziale alla vita di tutta l'umanità e dev'essere, perciò, tra i beni primari da rendere disponibili a tutti perché non ha "brevetto" né può essere proprietà "privata" . Nessuno, perciò, deve distruggerla, abusarne, sprecarla, inquinarla. Si tratta di principi elementari che spesso anche noi violiamo per indifferenza e per egoismo.
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