venerdì 19 agosto 2011
Se un uomo decide di occuparsi senza tregua solo di cose serie e non si abbandona ogni tanto allo scherzo, senza accorgersene, diventa pazzo o idiota.

Ieri — lo ricorderanno i miei lettori più fedeli — parlavo dei film che hanno per protagonista il don Camillo di Guareschi, riproposti quando i palinsesti televisivi d'estate diventano rarefatti. Ebbene, proprio nei giorni scorsi mi sono imbattuto nell'ennesima replica di un film di Totò. L'avevo già visto non so quante volte, eppure non sono riuscito a staccarmi dallo schermo e ho riso alle sue battute e ai suoi gesti con la stessa intensità della prima volta. Vai a letto più leggero, dopo un'oasi di umorismo, anche perché — molto solennemente — lo scrittore Hermann Hesse, nel tutt'altro che lieve Il lupo della steppa (1927), precisava che «l'umorismo comincia con la rinuncia dell'uomo a prendersi troppo sul serio».
Ebbene, un invito a interrompere l'eccessiva serietà (o forse seriosità) ci viene nientemeno che dal celebre storico greco del V sec. a.C., Erodoto. Sì, l'ammonimento che sopra ho citato proviene proprio dalle sue Storie (II, 173, per la precisione) ed è un consiglio di saggezza. Ogni tanto è necessario fare uno stacco dalla frenesia degli impegni; come si dice curiosamente in alcune antiche lingue orientali, bisogna «inghiottire la saliva», cioè avere un attimo di tregua da una vita quasi nevrotica; si deve essere in grado di sostare e di sorridere. L'ironia in questo ci aiuta, perché genera il sorriso e smitizza certi comportamenti paludati o eccessivi. C'è, però, una frontiera ed è quella che separa l'ironia lieve dal sarcasmo pesante e distruttore. A un sacerdote cattolico inglese del secolo scorso, Robert Knox, si attribuisce questa battuta: «L'ironia corre con la lepre, il sarcasmo insegue con i cani».
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