domenica 3 novembre 2002
«Santo cielo, quanto sei invecchiato!», esclamò un famoso maestro davanti a un amico di gioventù. L"altro gli replicò: «Non si può fare a meno di diventare vecchi!». «No, certo», convenne il maestro. Ma aggiunse: «Tuttavia si deve evitare di invecchiare!».Trovo questo apologo su una rivista araba e faccio qualche fatica nel tradurlo perché tutto è giocato su due verbi apparentemente sinonimici, in realtà differenti, il "diventare vecchi" e l""invecchiare". Il primo è un fenomeno naturale, nei cui confronti si è sostanzialmente impotenti. Lo scrittore Giovanni Arpino (1927-1987) affermava: «Niente è più umano del diventare vecchi, niente più naturale. Bisogna, però, saperlo, accettarlo, sorreggerlo, senza cadere in giovanilismi sciocchi e pericolosi, senza pretendere di truccare le carte del gioco».Il secondo verbo, "invecchiare", evoca invece un deperimento interiore, uno spegnersi dell"anima, un appassirsi dei sentimenti, uno sfiorire della speranza. Questa situazione non coincide con l"età anagrafica, può colpire anche i giovani che si  sentono improvvisamente stanchi e senza gusto nei confronti della vita. Al contrario, ci sono anziani che «nella vecchiaia danno ancora frutti e sono vegeti e rigogliosi" come palma o cedro del Libano, piantati nella casa del Signore» (Salmo 92, 13-15). Il grande Goethe scriveva: «Essere giovani è un effetto della natura e dilegua come nebbia; rimanere giovani è molto di più, è un"arte di pochi». È con quest"arte che si conserva uno spirito lieve e un cuore ardente anche nella vecchiaia inoltrata.
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