venerdì 7 maggio 2004
Infuriarsi ed eccitarsi nel combattere qualche idea è facile soprattutto quando non siamo del tutto sicuri della nostra posizione e ci sentiamo interiormente tentati di passare dalla parte dell'avversario. E' sottile ma ben fondata questa osservazione che avevo annotato tanto tempo fa su un foglietto leggendo quella sorta di epopea narrativa di una famiglia mercantile dell'Ottocento che è il romanzo I Buddenbrook, pubblicato nel 1901 dallo scrittore tedesco Thomas Mann. Ritrovo per caso quel foglietto ormai ingiallito e ne propongo il contenuto per una riflessione su un tema particolare, quello dell'insicurezza interiore. Talvolta, infatti, si hanno reazioni furibonde contro un'altra persona e contro le sue idee perché si intuisce con terrore che esse sono molto più vere di quanto si credeva all'inizio del dibattito. Onestà vorrebbe che si riconoscesse l'abbaglio. E invece o si continua in modo capzioso e fin balbettante a sostenere la propria tesi oppure ci si abbandona a testa bassa a un attacco insensato, forse anche - se è possibile - appellandosi a un principio di autorità. Bisogna, quindi, diffidare da chi sembra così convinto delle sue idee da difenderle con ferocia, disprezzo e aggressività. Spesso, infatti, tutto questo nasconde incertezza e persino scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie argomentazioni. La rabbia esplosiva non è segno di potenza bensì di debolezza, tant'è vero che la sapienza popolare ha coniato, per definirla, l'immagine del fuoco di paglia, pronto ad appiccarsi, alto a levarsi, veloce a spegnersi. Si legge, però, nel libro dei Proverbi: «Iniziare una lite è come aprire una diga» (17, 14)"
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