martedì 11 dicembre 2007
Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo.
Se insegni, insegna a dubitare di ciò che insegni.
Ecco oggi due frasi da meditare cercando di individuare il comune filo conduttore, ossia l'insegnare. È, questa, una delle attività più alte e delicate che una persona compia nei confronti di un'altra. Ed è significativo ciò che osserva, nel primo aforisma, Benjamin Franklin, sì, l'inventore del parafulmini che fu anche scrittore e politico del Settecento americano. Egli distingue quasi tre gradi nell'insegnamento. Il primo è quello - ahimé molto "scolastico" - del dire le cose agli altri perché le imparino, secondo il metodo dell'allevamento dei polli: li ingozzi perché assorbano cibo. È naturale che l'esito sia solo quello dell'evacuazione nell'oblio. Diverso è il secondo caso. La dimostrazione motivata, che nasce da un convincimento o da un'esperienza dello stesso maestro, incide e convince il discepolo che ricorderà il messaggio ricevuto.
Infine c'è la testimonianza: il docente non solo dimostra ma rivela che quella verità ha guidato le sue scelte, l'ha aiutato nel percorso della vita e allora le sue parole non saranno solo ricordate ma diventeranno un esempio da imitare, coinvolgendo l'alunno in pienezza. È ovvio che questa triade vale non solo per gli insegnanti ma per tutti gli educatori e ciascuno di noi lo è nei contatti quotidiani col prossimo. Un cenno merita anche la seconda frase che è del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset (1883-1955). È un monito da assumere con una precisazione. Il dubbio è come una spezia o come il sale, è necessario perché la nostra ragione è limitata e quindi dev'essere bandita ogni arroganza intellettuale, ma se il sospetto diventa eccessivo, ci costringe a sputare il cibo inghiottito. Ci sono due estremi da evitare: non dubitare di niente e dubitare di tutto.
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