In “The resident” la malasanità Usa
giovedì 16 luglio 2020
La pandemia, si sa, ha portato gli ospedali alla ribalta. Medici e infermieri sono diventati gli eroi di una realtà di cui avremmo fatto volentieri a meno. Ma nella finzione televisiva, gli operatori sanitari, eroi lo sono da tempo. Non è la prima volta che citiamo a questo proposito il dottor Manson della Cittadella, il collega Kildare del telefilm omonimo, il Dr. House, i chirurghi di Grey's Anatomy, ma anche il pediatra di Gianni Morandi (L'isola di Pietro) e i malati di Braccialetti rossi o della Linea verticale, fino a Doc - Nelle tue mani, la serie di Rai 1 con Luca Argentero di cui sono ripartite le riprese dopo lo stop dovuto al lockdown. E poi, chi ne ha più ne metta. I camici bianchi, o verdi che siano, hanno dato e danno vita a uno dei generi più collaudati della storia della televisione. Quello che oggi si chiama medical drama, i cui prodotti spaziano tra le varie emittenti, è sinonimo di successo. È così che anche quest'estate vedremo su Rai 1 (il martedì alle 21.25) le avventure dei sanitari del Chastain park memorial hospital di Atlanta nella serie statunitense The resident, già andata sulla pay tv e ora in prima visione in chiaro sull'ammiraglia Rai per il secondo anno consecutivo. Al centro della vicenda la vita di un gruppo di medici, infermieri e specializzandi alle prese con ricoveri e intervenenti complessi, ma anche con la propria carriera e la vita privata. Il tutto per raccontare il lato oscuro del sistema sanitario americano, in particolare la burocrazia che colpisce il personale sanitario che combatte per aiutare i pazienti. E questa seconda stagione, partita con un blackout elettrico e un attacco informatico, entra ancor più nei meandri del sistema mostrando le mancanze e le contraddizioni di un ospedale d'eccellenza, dove le cure sono fortemente soggette al profitto, dove è in atto anche una lotta per il potere e dove ogni giorno i protagonisti sono costretti a fare i conti con la propria coscienza e i propri limiti. Ma come sempre saranno i singoli a salvare il salvabile. Alla fine una serie come The resident diventa per assurdo uno spot al nostro sistema sanitario e alla nostra origine: meno male non siamo nati e non viviamo in America.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: