martedì 14 agosto 2007
Gli esseri umani che non conoscono la comunione nel silenzio non sono capaci di una vera comunicazione.
Ha fatto impressione lo scorso anno il film Il grande silenzio che Philip Gröning ha girato nel monastero alpino della Grande Certosa, un lungo racconto tutto immerso nel silenzio "bianco" mistico, che " come quel colore " riassume in sé ogni parola che conta, a differenza del silenzio "nero" che è mera assenza di suoni e voci, vuoto e sgomento. Per questi giorni di riposo generalizzato ho voluto, allora, riproporre il tema del silenzio, un'esperienza sempre più rara in questi giorni fracassoni che hanno come emblema per molti giovani la discoteca ove non solo il silenzio è estromesso ma persino la parola (la comunicazione avviene come tra sordomuti, solo per gesti).
Sono ricorso a una frase suggestiva del filosofo tedesco Karl Jaspers (1883-1969) che centra un aspetto particolare del silenzio "bianco": esso è capace di alonare le parole di luce, anzi è esso stesso parola incisiva, proprio come accade agli innamorati quando si guardano negli occhi e in quello sguardo riescono a dar voce (silenziosa) alla loro intimità d'amore. Un antico scrittore cristiano, s. Ignazio di Antiochia, diceva che il «Verbo divino procede dal silenzio». Non per nulla la vetta più alta della fede è la contemplazione mistica in cui si raggiunge la meta stessa di Giobbe nei confronti di Dio: «Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono» (42, 5). Ritroviamo almeno in questi giorni un'oasi silenziosa in cui incontrare Dio e il nostro io, attraverso una dieta delle parole e dell'esteriorità.
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