venerdì 21 marzo 2003
In pace i figli seppelliscono i loro padri; in guerra, invece, sono i padri a seppellire i loro figli. E così siamo giunti ai giorni infami della guerra. Una personalità "laica" l'altro ieri mi descriveva tutta la sua commozione sentendo le parole del Papa all'Angelus di domenica: passione e fede s'intrecciavano in una voce che aveva ritrovato la sua antica forza, quasi in un estremo appello destinato a risuonare e a vibrare nella folla dei cuori e a infrangersi davanti alle porte dei palazzi del potere. E' stato scritto tanto sulla pace e sulla guerra nei giorni scorsi e tanto si scriverà sulle pagine dei quotidiani, forse per settimane. Oggi, in questi momenti segnati dalle bombe e dal sangue, con l'uomo che ritorna a mostrare il suo volto feroce e fin beluino, vogliamo anche noi " in questo spazio che continueremo a riservare alla vita semplice delle persone semplici " aggiungere una stilla a quel mare di analisi, interventi, discussioni.
Sono parole antiche: le ha scritte lo storico greco Erodoto nel V sec. a.C., lui che nelle sue Storie di tante guerre aveva parlato. Di fronte al dolore delle famiglie frantumate dalla violenza bellica egli ricordava un dato a prima vista ovvio: in guerra " al contrario di quanto è nell'ordine delle cose " sono i vecchi a seppellire i giovani. In altri termini, la guerra sovverte l'ordine della natura, rema contro il ritmo della vita, fa degenerare la stessa logica dell'essere. Il nostro scrittore Piero Chiara (1913-1986) nel suo L'uovo al cianuro immaginava che «dove si posa l'occhio di un generale pare sempre che sia condannata la vita». Speriamo e preghiamo perché presto altri occhi si posino sulle rovine e sui feriti, gli occhi degli operatori di pace e di amore.
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