venerdì 3 aprile 2020
Mi sto innamorando di un raggio di sole. La nostra casa è esposta a nord est, su un cortile ombroso, dove per tutto l'inverno il sole non arriva. Ma a fine marzo, nelle belle giornate, comincia a alzarsi timidamente oltre il tetto di fronte: e per due ore illumina la magnolia, e le biciclette in fila, e la vite americana abbarbicata a un muro. Incredibile, come un raggio ingentilisca un cortile grigio. Ma quello stesso raggio in queste mattine entra dalla finestra della cucina, ogni giorno più intenso, e la trasforma. Noi abitiamo qui da vent'anni, e naturalmente quel raggio, a marzo, è sempre arrivato. Ma tutti eravamo a scuola, o al lavoro, o a fare la spesa: e nessuno badava al sole che ci veniva a trovare. Soltanto ora che siamo costretti in prigionia io me ne accorgo, e mi ci affeziono. E quando è brutto tempo mi manca, quell'oro sulla tavola, mentre bevo il caffè. (Oggi, mi dico dispiaciuta, il raggio non è venuto). Fedeli invece al primo sole di marzo sono i gatti di casa, che lo aspettano: verso le nove si piazzano sul tavolo, pigri, indolenti.
E quando “lui” arriva come si rotolano, beati, nel suo oro, le pupille a fessura e la pancia all'aria, ebbri di luce. In questa prigionia, nel silenzio della casa, la loro gioia mi commuove. La gioia di semplici creature liete di essere vive, e che la primavera arrivi. Accarezzo la collottola del gatto più piccolo, che subito fa le fusa. S' imparano molte cose, nello stare chiusi in casa: anche la fedeltà dei gatti al primo sole. Certo, qui siamo lontani dagli ospedali, e dalla morte. E però in quante città e paesi quante persone anziane o sole, nelle lunghe giornate, hanno vicino almeno un gatto. Solo un animale, dirà qualcuno. Una creatura di Dio, anche lui: capace di aspettare un raggio di sole. Ciò che a noi, uomini, sapienti, spesso appare una cosa da poco, una cosa da nulla.
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