giovedì 31 agosto 2006
Negli ultimi anni della nostra vita avviene la stessa cosa che accade con tutti i movimenti in linea discendente: essi passano con velocità sempre crescente. Un antico motto latino afferma che motus in fine velocior, ossia che la velocità di un oggetto in movimento s'accresce quando esso imbocca la parte terminale della sua corsa. È quello che probabilmente stiamo ripetendo oggi, giunti al termine del tradizionale mese vacanziero: come è possibile che sia corso via così in fretta? Soprattutto quest'ultima settimana è stata bruciata in un baleno" Sta di fatto che la parabola terminale della stessa vita, come ammonisce nella frase sopra citata il famoso politico ottocentesco germanico Otto von Bismarck, si estingue con una rapidità impressionante. È, comunque, ciò che si dice sempre a proposito del passato. Anche la giovinezza, quando è vissuta, sembra al giovane una lunga attesa nei confronti di sogni e di autonomie che non vengono mai; poi, quando la si rivede nella nostalgia, molti anni dopo, dà l'impressione di essere stata un baleno, come notava il Qohelet, sapiente biblico anziano: «la giovinezza e i capelli neri sono un soffio» (11, 10). Sarebbe, allora, utile meditare qualche volta di più sul senso del tempo, quella coordinata della vita umana che non è meramente cronologica ma esistenziale, come spiegava già s. Agostino nelle sue Confessioni. Infatti, le stesse ore vissute da un giovane o da un vecchio, colme di gioia oppure di dolore, segnate dall'amore o dalla solitudine non sono identiche ma hanno durate diverse nel cuore delle persone. E allora, come suggeriva il poeta francese Baudelaire, «c'è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo!».
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