sabato 22 gennaio 2011
Lontano dai rumori nel riconquistato silenzio posso ascoltare le farfalle che mi volano per la testa. È necessaria molta attenzione e persino del raccoglimento perché il loro battere d'ali è quasi impercettibile. Un respiro un po' più forte basta a coprirle.

Il miglior commento a questa considerazione è forse nella storia che sta all'origine del libro che la contiene, Lo scafandro e la farfalla (Ponte alle Grazie 1997). Nel 1995, a 43 anni, il giornalista francese Jean-Dominique Bauby ebbe un ictus. Si risvegliò dal coma venti giorni dopo con la sindrome denominata locked-in: il suo corpo aveva cessato di rispondere ai suoi comandi, tranne la palpebra sinistra. Da allora, per più di un anno, egli riuscì a dettare il libro citato: con un battito di ciglio, fermava il suo interlocutore sulla lettera dell'alfabeto che gli veniva presentata. Nacque così questa straordinaria testimonianza da un "oltre" invalicabile ai sani, un mondo in cui il silenzio in verità si popolava di presenze. Dieci giorni dopo la pubblicazione del volume, Bauby morì. Era il marzo 1997 e in quello stesso anno il regista Julian Schnabel realizzò una versione cinematografica dell'opera, premiata a Cannes ma snobbata dai grandi circuiti cinematografici italiani.
Vorrei aggiungere una sola nota. Noi che abbiamo tutti i sensi vigili e il cervello in piena funzione spesso perdiamo un'infinità di eventi, di dati, di meraviglie che ci circondano. Lasciamo che irrompa il brusio di fondo delle città, di internet, della televisione a tener occupati orecchio, occhio e mente. Il battere d'ali delle farfalle, cioè il segreto profondo della realtà, ci è ignoto. Fermi come siamo sulla superficie delle cose, distratti dal rumore e dal clamore, non conosciamo più il linguaggio del silenzio, della meditazione, della contemplazione. Sono, allora, proprio quelli che consideriamo "disabili" a mostrarci che cosa significhi la vita autentica e profonda
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