
Nei Salmi troviamo alcune beatitudini che, secoli dopo, non paiono essere invecchiate troppo bene. Ce ne sono diverse che elogiano la felicità dei fedeli che vivono nel Tempio di Gerusalemme, come fa il Salmo 84: «Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi». Ci rallegriamo per gli interessati, ma abbiamo qui una beatitudine che non potremmo applicare a noi stessi, noi che viviamo duemila anni dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme per mano delle truppe di Tito. È una via di felicità forse molto utile, ma che ci appare definitivamente chiusa.
Eppure, il giorno di Pentecoste, i discepoli di Gesù hanno fatto un’esperienza sorprendente, sconvolgente: hanno ricevuto lo Spirito di Dio, venuto ad abitare in loro. Mentre il Tempio doveva la sua ineguagliabile santità al fatto di essere il solo luogo sulla Terra in cui Dio aveva stabilito la sua dimora, adesso è il corpo di ogni credente a diventare a sua volta il Tempio dello Spirito Santo, uno spazio sacro quanto lo è il Santo dei Santi del Tempio di Gerusalemme!
Il Salmo non ci dice forse che saremmo più felici abitando questo corpo, accogliendo la nostra carne troppo spesso assente dalla nostra vita spirituale, e facendo della nostra vita più concreta il luogo della nostra preghiera e della nostra lode?
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