venerdì 18 marzo 2005
Il superfluo dei ricchi è il necessario dei poveri. Possedere, allora, il superfluo è trattenere per sé il bene altrui.Così scriveva, in modo netto e puntuale, s. Agostino, smuovendo le coscienze, liberandole da troppi alibi e colpendo la società occidentale che " soprattutto oggi " del superfluo ha fatto spesso la sua bandiera commerciale. Il maestro nella fede di Agostino, s. Ambrogio, aveva al riguardo pagine veementi (soprattutto nell"opera Nabot, dedicata al contadino biblico vittima della prevaricazione insaziabile del potere). Egli affermava: «La terra è di tutti, non solo dei ricchi" Quando tu, o ricco, dai del tuo al povero, gli restituisci il suo!». E ci offriva una considerazione molto pratica: «Noi soffriamo che i cani rimangano davanti alla nostra mensa senza mangiare e ne escludiamo gli uomini!».Sprechi colossali, bisogni artificiosi indotti dalla pubblicità, consumi eccessivi fino a creare problemi di salute, spese militari impressionanti, ricchezze sfrenate fanno parte purtroppo di un profilo sociale ormai scontato. Si è persa la forza dello sdegno; anzi, la denuncia di questi vizi viene bollata come una mania o uno stereotipo ormai superato. Almeno in quaresima i cristiani ritornino alla capacità di vergognarsi dei loro eccessi e del loro superfluo e riascoltino la voce dei profeti: «Il digiuno che io voglio non consiste forse nel dividere il pane con l"affamato, nell"introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire chi vedi nudo, nel non distogliere gli occhi da quelli della tua carne?» (Isaia 58, 7). Solo così potrai «invocare il Signore ed egli ti risponderà", soltanto se offrirai il pane all"affamato, se sazierai chi è digiuno» (58, 9-10).
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