Il silenzioLE PORZIONI DEI POVERI
La gente santifica le feste: i ricchi sedendosi a tavola, i poveri digiunando.
Le feste natalizie con l'Epifania si avviano al loro epilogo. In tutte le religioni il far festa comprende anche un aspetto conviviale che è espressione della comunione tra anima e corpo e delle persone tra loro. Al termine della lettura della Legge davanti al popolo ebraico riunito alla Porta delle Acque di Gerusalemme, il sacerdote Esdra e il governatore Neemia esortano il popolo commosso e pentito per le proprie colpe così: «Questo giorno è consacrato al Signore, non fate lutto e non piangete" Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che non hanno nulla di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate perché la gioia del Signore è la nostra forza!» (Neemia 8, 9-10). Significativo è quell'appello a «mandare porzioni» ai poveri, perché tutti, e non solo i benestanti, possano festeggiare. Purtroppo spesso, anche tra i cristiani, l'egoismo e il quieto vivere hanno il sopravvento e, con la scusa che non si può pensare a tutti né sfamare ogni misero della terra, ci si mette a tavola senza remore (le abbuffate sono, infatti, il solito tema dei servizi televisivi natalizi). A ricordarci il digiuno dei poveri durante le feste è la battuta sopra citata del poeta scozzese (ma nato nel 1915 in Nuova Zelanda) Sydney G. Smith, morto nel 1975. Certo, la nostra piccola rinuncia, il gesto modesto è solo una goccia nell'oceano della miseria di tante persone. Ma è proprio di gocce che è fatto anche il mare del bene e della generosità: se nessuno facesse mancare la sua goccia, esso sazierebbe l'immensa distesa della povertà.
Le feste natalizie con l'Epifania si avviano al loro epilogo. In tutte le religioni il far festa comprende anche un aspetto conviviale che è espressione della comunione tra anima e corpo e delle persone tra loro. Al termine della lettura della Legge davanti al popolo ebraico riunito alla Porta delle Acque di Gerusalemme, il sacerdote Esdra e il governatore Neemia esortano il popolo commosso e pentito per le proprie colpe così: «Questo giorno è consacrato al Signore, non fate lutto e non piangete" Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che non hanno nulla di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate perché la gioia del Signore è la nostra forza!» (Neemia 8, 9-10). Significativo è quell'appello a «mandare porzioni» ai poveri, perché tutti, e non solo i benestanti, possano festeggiare. Purtroppo spesso, anche tra i cristiani, l'egoismo e il quieto vivere hanno il sopravvento e, con la scusa che non si può pensare a tutti né sfamare ogni misero della terra, ci si mette a tavola senza remore (le abbuffate sono, infatti, il solito tema dei servizi televisivi natalizi). A ricordarci il digiuno dei poveri durante le feste è la battuta sopra citata del poeta scozzese (ma nato nel 1915 in Nuova Zelanda) Sydney G. Smith, morto nel 1975. Certo, la nostra piccola rinuncia, il gesto modesto è solo una goccia nell'oceano della miseria di tante persone. Ma è proprio di gocce che è fatto anche il mare del bene e della generosità: se nessuno facesse mancare la sua goccia, esso sazierebbe l'immensa distesa della povertà.
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