giovedì 7 gennaio 2021
Davanti al camino, fra le colline del Monferrato. È già buio. Fuori, è attendato l'inverno. Tracce di neve, e il ghiaccio che sotto ai passi si spezza. Gelo e silenzio. Ogni anno, l'inverno mette in scena la morte.
Noi qui davanti al fuoco invece con le guance che scottano, il riverbero porpora delle fiamme che oscilla sulle facce. I tronchi crepitano e in uno scoppio secco lasciano andare scintille che guizzano, spiriti in fuga, su per la cappa. Lasciarsi ipnotizzare dal fuoco, che chiama i ricordi. E l'anno che verrà, dopo questo inimmaginabile anno? Ma che strana pace scende addosso, fra le colline. Come una fasciatura, un balsamo per ferite che hai, e non vedi. Siamo stati sradicati dalla terra, dai suoi ritmi, dal suo fiato: cui ci faceva bene obbedire.
A sera, il silenzio nei campi è assoluto. È un silenzio denso come una coltre, posato grave su ogni cosa. Un silenzio sacro. Ma, mi accorgo ora, mi mette paura. Non sentirmi attorno i rumori di Milano mi smarrisce, ed è quasi angoscia quella che avverto salire dentro. Accendo nervosamente la radio, una cosa che non faccio mai. Non basta ancora. La tv, ecco, la sigla familiare del tg mi rassicura. Il silenzio però preme dalle finestre, dalle vigne spoglie. È come un vento immobile, ma di un'intensità assordante. E mi sembra, stanotte, una domanda ineludibile.
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