giovedì 30 settembre 2004
C"è un silenzio di pace, quando il deserto dispensa di sera la sua frescura, dandoci l"impressione che siamo ormai giunti al porto tranquillo e le vele sono ammainate. C"è il silenzio del meriggio, quando sotto il sole battente cessano pensieri e movimenti" E c"è il silenzio profondo, quando di notte si trattiene anche il respiro e ci si mette a origliare. Un proverbio tuareg afferma che «chi non conosce il silenzio del deserto non sa cosa sia il silenzio». È ciò che attesta col brano che abbiamo citato anche lo scrittore-aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944) che visse certi periodi in Marocco. Oggi celebriamo la memoria liturgica di s. Girolamo, il celebre traduttore latino della Bibbia: ebbene, egli scelse di abbandonare la chiassosa e mondana Roma, ove pure aveva vissuto raccogliendo successi, per ritirarsi nel deserto di Betlemme. Il vero silenzio non è mera assenza di suoni, come il deserto non è per nulla assenza di presenze. Anzi, i sensi diventano più vigili e i pensieri più limpidi e, così, si vivono esperienze ben più intense. Noi, immersi nei rumori e nelle cose, galleggiamo sulla superficie della vita e siamo ormai inadatti a scendere in profondità. Siamo incapaci di far pulizia nella mente e nel cuore, così da lasciarvi solo le vere realtà importanti. Non riusciamo a gustare pace e quiete, travolti come siamo dalla frenesia del fare e del muoverci. Ecco, allora, la necessità di un"esperienza di deserto e di silenzio per ritrovare Dio e il nostro io.
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