martedì 6 giugno 2017
Guardo in tv in piena notte le terribili immagini di Torino, e mi dico che Daesh potrebbe tranquillamente rivendicare. Un non-attentato, una non-bomba che fa millecinquecento feriti di cui alcuni gravi. Come se Piazza San Carlo fosse un district londinese, dove l'attentato – l'ennesimo per il Regno Unito – c'è stato davvero e ha seminato morte. Poco prima, verso la fine di Juve-Real Madrid, un gran botto mi aveva fatto saltare sulla sedia. Il primo pensiero non è stata l'esultanza cretina degli anti-juventini, ma una bomba del sabato sera.
Alcuni editorialisti parlano di assuefazione: da Charlie Hebdo a oggi, passando per Nizza, Stoccolma, Manchester, un progressivo calo di tensione. Non è così. Torino lo dimostra plasticamente.
La paura ci si è insinuata sottopelle. Sta lì, silente, pronta a deflagrare. Non c'è ignavia, non c'è indifferenza: umanamente, cerchiamo solo di continuare a vivere. E dobbiamo farlo: senza inutili imprudenze, ma consapevoli del fatto che anche un bar o un supermarket o qualunque altro luogo di serena convivialità è obiettivo sensibile. Anzi: lo è la convivialità in sé. Ma la convivialità ad un tempo è anche un'arma potente. L'amicizia, l'inclusione, il dialogo, l'ospitalità, l'accoglienza, le belle piazze d'estate con la loro allegria e i loro profumi, la musica, la festa sono armi potenti. E alla fine vincono sempre.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: