mercoledì 3 gennaio 2007
C'è chi dice che in paradiso Dio chiami ciascun eletto col nome di una virtù. Non potrà chiamarmi Speranza: non ho atteso nessuna gioia sulla terra né in cielo. Né Fede: non sono stata certa. Né Carità: ho amato Dio e il prossimo con parsimonia. Né Generosità: ho contato, pesato, misurato tutto. Né Zelo: non ho cercato di conquistare. Né Povertà: mi compiaccio del mio benessere. Né Umiltà: mi compiaccio dei miei pensieri. Né Sincerità: non sono vera. Né Scienza: non ho memoria. Né Pietà: non ho ardore. Il nome sarà quello dell'asino: Dio mi chiamerà Pazienza. La citazione è oggi un po' lunga, ma le parole della poetessa spirituale francese Marie Noël (1883-1967) nel suo Diario segreto sono così limpide da non esigere lunghi commenti. Avere la virtù dell'animale più disprezzato ma anche più utile e semplice è in verità una qualità importante che trascina con sé altre virtù in modo implicito. In una società come la nostra che vive con frenesia, che non sa attendere, che vuole tutto "in tempo reale", che inveisce se è in fila e l'altro non si sbriga, che "non ha tempo", l'invito alla pazienza può sembrare una stravaganza "da orientali" che non hanno niente da fare, come si è soliti dire. E invece bisognerebbe di più pensare a quello che un altro scrittore francese più celebre, Honoré de Balzac, aveva affermato in uno dei tre racconti delle Illusioni perdute (1837-43): «La pazienza è ciò che nell'uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni». Per fare un bambino ci vogliono nove mesi e per scrivere un capolavoro forse decenni. Non entriamo in questo nuovo anno pretendendo tutto e subito, ma affidiamoci alla pazienza che conosce i ritmi e i tempi della vita, e quindi genera serenità e fiducia.
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