martedì 16 luglio 2002
 Un giocatore perde sempre. Perde denaro, dignità e tempo. E se vince, tesse intorno a sé una tela di ragno.Si è spesso parlato in questi ultimi tempi di una degenerazione legata alle molteplici forme di gioco legalizzato e no (bingo, slot-machine, scommesse e così via). Si tratta di una vera e propria sindrome che porta la persona a gesti ignominiosi e assurdi: in passato c"erano i suicidi di chi aveva dilapidato tutto ai casinò, ora c"è in agguato l"usura, il furto e altre vergogne pur di soddisfare questa fame inesauribile. Già nel XII sec. il filosofo ebreo spagnolo Mosè Maimonide, da noi citato, ammoniva che il giocatore in realtà perde sempre: anche nel caso della vincita, quel guadagno è simile a una ragnatela fragile e inconsistente che subito viene disfatta.Lo scrittore Stefano Benni nel suo Bar Sport ironizzava: «Il poker si gioca in quattro, oppure in tre col morto, o anche meglio in tre col pollo». Purtroppo ciò che rovina il gioco è proprio il denaro, l"ansia di guadagno, l"egoismo di avere sempre più (si pensi al calcio"). In realtà, come è stato spiegato da studi importanti, il giocare è un"attività fondamentale e creativa: basta ammirare il bambino coinvolto anche nel più semplice dei giochi (purtroppo quelli dei nostri giorni sono giochi sempre più privi di fantasia, solo "tecnologici"). Anche il libro biblico dei Proverbi immagina che la Sapienza divina giochi e danzi nell"opera della creazione (8, 30-31). La stessa opera d"arte nasce dalla libertà creativa della fantasia e il gioco dell"immaginazione è il più affascinante.
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