venerdì 22 luglio 2005
Come fu possibile che giovani di ottima famiglia, istruiti nelle migliori università tedesche, si lasciarono sedurre dal male e dedicarono il loro genio al martirio e al massacro di uomini, donne e bambini ebrei che non avevano mai incontrato prima?Il 27 gennaio 2000 Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, lasciava cadere questa domanda gelida nell"emiciclo del Parlamento tedesco di fronte ai deputati che lo ascoltavano silenziosi. Una domanda che, con le varianti del caso, può essere rivolta anche a tante altre persone e persino a noi stessi. È l"eterno drammatico interrogativo sul male non tanto in senso lato e quasi cosmico, ma in senso realistico e storico. La libertà umana è, certamente, un dono supremo divino ma, proprio per la sua stessa natura, è una realtà delicatissima ed esplosiva.Nel suo gorgo oscuro si possono annidare grovigli di vipere che infrangono e fanno impazzire la superficie, producendo morte, violenza, infamia, disperazione, in una sorta di genialità perversa. Inoltre, accanto ad essa c"è l"oscura e cupa presenza diabolica che spinge l"uomo verso la degenerazione estrema. Ma bisogna con altrettanta energia affermare che accanto a noi c"è anche la presenza della grazia divina con la sua forza attrattiva. Noi non possiamo, certo, deresponsabilizzarci, ma non siamo neppure soli, nel bene e nel male. La domanda di Wiesel deve, allora, da un lato scuoterci la coscienza perché essa non si lasci condurre verso l"abisso tenebroso, in una folle seduzione maligna, ma d"altro lato deve spingerci a chiedere a Dio di stendere la sua mano per guidarci, affidando liberamente a lui la nostra libertà di agire.
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