giovedì 11 agosto 2011
ÈDio che io invocavo / con il canto del mio flauto rustico. / Egli è venuto attraverso il dolce cammino dei campi. / Egli è venuto con il grano maturo dei cattolici.

S'innamorò della campagna francese ove visse facendola diventare sostanza poetica nei suoi scritti. In essi intrecciò al fascino della natura la fede, nuovamente abbracciata nel 1905 con grande intensità, e nacquero così le Georgiche cristiane (1912), dal titolo emblematico. In questa giornata estiva, posta nel calendario all'insegna di santa Chiara, abbiamo convocato il poeta Francis Jammes con una manciata di versi, per certi aspetti programmatici. Infatti, il flauto campagnolo e «rustico» dello scrittore intona una lode a quel Dio che non appare nell'epifania tremenda e grandiosa del Sinai, ma che s'avanza – simile a un semplice contadino – lungo «il dolce cammino dei campi». Attorno si allargano le distese biondeggianti delle messi, che Jammes trasfigura nel messaggio di fede che Dio porta con sé e che il poeta aveva appunto ritrovato nel suo ritorno alla fede cattolica.
Abbiamo perduto la capacità di stupirci davanti alla bellezza e alla vitalità del creato; complicati e difficili come siamo diventati, non ne gustiamo più la semplicità pura e serena. Per questo, vorrei lasciare ancora la parola a Jammes – il cui motto era «Essere semplici per esseri veri» – e a qualche verso della sua Preghiera per andare in paradiso con gli asini: «Quando sarà l'ora di venire da te, mio Dio, / prenderò il mio bastone e incamminato sulla grande strada, / agli asini, amici miei, dirò: / Io sono Francis Jammes e vado in paradiso… / Venite, dolci amici del cielo turchino, / poveri cari animali… / Fa', mio Dio, che nel paese delle anime io assomigli a questi asini / che allora specchieranno la loro povertà umile e dolce / nella limpidezza dell'eterno amore».
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