giovedì 4 dicembre 2003
Illumina, o Signore, il mio intelletto affinché veda giustamente le cose presenti e intuisca quelle assenti o nascoste. Non lasciare che esso fallisca e non riconosca le cose visibili. Fa' sì che non presuma troppo e creda di vedere cose che non esistono. Difficili a riconoscere sono, infatti, i confini dell'arte di curare la vita e la salute delle tue creature. Fa' che al letto del malato nessuna cosa estranea possa distogliere il mio intelletto dal suo lavoro sereno. Da' ai miei malati la fiducia in me e nella mia arte e l'obbedienza alle mie prescrizioni. È questa la "preghiera del medico" scritta da un famoso filosofo e medico ebreo, Mosè Maimonide, nato a Cordova in Spagna nel 1135 e morto al Cairo nel 1204, autore tra l'altro di una Guida della buona salute. Giro naturalmente questa preghiera ai molti amici medici che ho e a quanti di loro leggono la rubrica. C'è anche una piccola parte riservata ai pazienti ed è quella che suggerisce di aver fiducia nel medico perché, come dice il Siracide, sapiente biblico, nel c. 38 del suo libro, egli è stato creato da Dio che ha anche dato origine all'efficacia dei farmaci. Ma, al di là dello specifico, vorrei
sottolineare in questa preghiera un aspetto che vale per tutti. Maimonide domanda in pratica a Dio di dargli un'intelligenza viva e acuta, capace di non lasciarsi ingannare dalle apparenze e di penetrare nella realtà, ma anche pronta a non cadere nella tentazione della presunzione. In agguato, infatti, c'è sempre l'arroganza intellettuale che si illude di spiegare tutto secondo i propri schemi. Ebbene, tra i sette doni dello Spirito Santo c'è anche quello dell'intelletto. Penso, però, che siano pochi quelli che chiedono questo dono a Dio, preferendo salute, benessere e fortuna. E invece avere un'intelligenza limpida è una dotazione preziosa. Ammoniva il grande Pascal: «Impegnarsi a pensare bene: ecco il principio della morale!».
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