mercoledì 21 febbraio 2024
Quando ti ho visto nella nursery, nato da poche ore, con tutti quei capelli neri e gli occhi scuri, mi ha attraversato un ricordo. Un sogno, mesi prima. Mi trovavo in una ombrosa e ricca stanza dei bambini, con tanti giocattoli, e un carillon che suonava una ninna nanna. In un angolo c’era una culla, di quelle a dondolo, antiche, con il velo di pizzo. Il carillon era una girandola proprio sopra la culla. Sentivo, tenue, il vagito di un bambino. Ma avevo paura ad avvicinarmi, avevo paura di quel bambino (forse perché già due gravidanze si erano interrotte ai primissimi mesi?). E quindi non osavo andare verso la culla. Il carillon continuava a suonare. Quando però ho allungato una mano e finalmente ho sollevato il velo di pizzo, ti ho visto: un bel bambino già di qualche mese, bruno, paffuto, due grandi occhi neri, che mi sorrideva felice. Il sogno si interrompeva di colpo, come la musica del carillon, e mi ero svegliata. A un’ora dal parto ti ho visto nella culla. Che tonfo al cuore: il bambino del sogno. Proprio quel bambino. Non ho detto niente a nessuno. Nemmeno a te. (A raccontare certe cose, ti credono matta). Eppure, io ti conoscevo già. La nursery di quell’ospedale, in una mattina di Ferragosto, indimenticabile: colma di gratitudine e mistero. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: