I ritratti di Baranelli, esempi di etica e di politica editoriale
venerdì 20 maggio 2016
C'è un genere letterario che passa inosservato e di cui succede che non si accorga neppure chi lo pratica: è la microbiografia, il ritratto in poche pagine, il ricordo di persone, amici e autori da cui si è imparato molto. È un genere nel quale, senza neppure volerlo, può diventare scrittore anche chi non si è mai sognato di esserlo. L'idea di letteratura, sulla quale con tanta insistenza e spesso inutilmente si sono accaniti letterari e critici, in questo caso non c'entra niente. Ciò che ispira, ciò che “detta” il ritratto è l'affetto, la memoria, la gratitudine. Uno dei migliori libri di Norberto Bobbio, il suo libro che personalmente preferisco, Maestri e compagni, uscì da Passigli un quarto di secolo fa e purtroppo, mi sembra, non è mai stato ristampato. Contiene un saggio su Leone Ginzburg che non si dimentica. Ora, con un titolo identico anche se rovesciato, Compagni e maestri, Quodlibet pubblica una piccola raccolta di ricordi e ritratti firmati da Luca Baranelli, considerato nell'ambiente uno dei più perfetti artigiani del lavoro editoriale, impeccabilmente scrupoloso, severo e orgogliosamente umile, formatosi alla Einaudi per cui ha lavorato dal 1962 al 1985, passando successivamente alla Loescher. In questa raccolta Baranelli parla sia di editoria che più in generale di cultura e di politica ricordando Leone Ginzburg, Raniero Panzieri, Sebastiano Timpanaro, Italo Calvino, Renato Solmi, Piergiorgio Bellocchio, Gianni Sofri. In ognuno di loro, passione editoriale e impegno politico si mescolavano o coincidevano, in anni e decenni, dalla nascita della Einaudi fino all'inizio degli anni ottanta, quando “fare libri” e fondare riviste volle dire occuparsi della coscienza storica e dell'educazione civile degli italiani, ai più alti livelli di responsabilità.Fondatore e primo stratega della Einaudi fu Leone Ginzburg, militante antifascista che nel 1944 morì in carcere in seguito alle sevizie subite. Pur non avendo potuto conoscerlo di persona, Baranelli ne parla come di un grande esempio di intellettuale, di politico e di editore. Cosa che si può dire, in diversa forma e misura, secondo i tempi e le circostanze, anche degli altri. Panzieri fondatore nel 1961 di “Quaderni rossi”, Bellocchio nel 1962 di “Quaderni piacentini” e nel 1985 di “Diario”, Timpanaro filologo, studioso di Leopardi e filosofo socialista, Renato Solmi traduttore e studioso di Horkheimer, Adorno, Benjamin e della sinistra americana, Gianni Sofri storico, consulente e redattore della Zanichelli per circa mezzo secolo. È un breve, bellissimo libro questo di Baranelli. Lo hanno voluto i suoi amici a sua insaputa e tutti i giovani, io credo, dovrebbero leggerlo.
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