mercoledì 27 ottobre 2004
  Non ho mai conosciuto un uomo che, vedendo i propri errori, ne sapesse dar la colpa a se stesso.Gli errori dell"uomo lo fanno particolarmente amabile.Ho messo insieme oggi due frasi di argomento analogo che avevo annotato durante letture differenti. La prima riflessione proviene dall"orizzonte lontano della Cina, da quel "maestro K"ung" che è stato latinizzato in Confucio (VI-V sec. a.C.). Dai suoi Lun Yü o "colloqui" ho, infatti, desunto una verità che siamo poco inclini a riconoscere. Quando la vita ci dimostra che abbiamo sbagliato, a tutto siamo pronti, anche a giungere all"assurdo e al ridicolo, pur di non riconoscere che la colpa è nostra. Le scuse infantili addotte dal bambino sorpreso con le mani nella marmellata sono le stesse - certo, adattate e più sofisticate - che continuiamo a riproporre da adulti, pur di non confessare la nostra fragilità e responsabilità.Il coraggio di confessare i propri errori ci farebbero più forti e più apprezzati, diceva Gandhi, ma è una strada scarsamente imboccata. A questo punto viene bene la seconda frase tratta dalle Massime e riflessioni del grande Goethe. Gli errori rendono più umana ogni persona. Certo, sono sempre un limite, ma proprio per questo la fanno diventare più vicina a ognuno, più amabile e familiare. È per questo che, allora, riconoscere uno sbaglio con semplicità non è una vergogna ma un atto di dignità, capace di produrre simpatia. Anche perché, come diceva De Gaulle, «solo gli imbecilli non si sbagliano mai».
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