giovedì 4 luglio 2019
Tra le espressioni che oggi vanno di moda una è certamente "cerchio magico". Viene usata per definire il ristretto gruppo di potere che ruota attorno al capo (di un partito politico, in genere, ma può essere di un'azienda, di un club, eccetera). Io non sono niente di tutto questo, mi sento però di poter dire con un certo orgoglio che anch'io ho il mio cerchio magico. Anzi, i miei, dovrei dire, perché sono più di uno, concentrici. Al primo livello, ovviamente, ci sono mia moglie e le mie figlie, e non credo di poter aggiungere nulla a quanto in questi mesi ho già detto di loro senza cadere nell'agiografia. Subito dopo vengono le mie due sorelle, Francesca e Fernanda: sono entrambe più grandi di me – anche se tutto è relativo, essendo nati tutti e tre nell'arco di quattro anni – e anche nel frangente della mia malattia insistono a trattarmi come "il piccolo di casa". Non ho memoria di aver mai litigato con loro, e credo sia una cosa rara da poter dire. Con le sorelle, nello stesso cerchio, ci sono anche i cognati e la cognata (una, moglie del fratello di mia moglie), ma anche in questo caso per estensione dovrei parlare di fratelli, per quello che fanno nei miei confronti e, soprattutto, per come lo fanno.
Al cerchio successivo gli amici e le amiche, di vecchia data o di più recente acquisizione. Alcuni vicini, altri sparsi qua e là tra Italia, Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Francia, e altri ancora fino alla Nuova Zelanda. Chi può mi viene a trovare, chi non può mi scrive – e mi dice di non preoccuparmi di rispondere, cosa che comunque cerco sempre di fare anche se con grande ritardo – ma tutti insieme in un modo o nell'altro di sicuro non mi fanno sentire dimenticato. Infine, all'ultimo cerchio, ultimo a formarsi in ordine di tempo, le sei persone della cooperativa sociale che da qualche mese, per qualche ora alla settimana, mi fanno assistenza. E forse non dovrei neppure considerarle in questa sorta di elenco degli affetti, che in fondo il loro è "solo" un lavoro. Ma so riconoscere chi ha consapevolezza del lavoro che fa. E loro ce l'hanno, tutti.
Ecco, questo è il mio "cerchio magico", anzi i miei. Concentrici, e tutti collegati tra loro così da non mollarmi mai. Non c'è nessun potere da spartire, né da gestire né da ostentare. Niente di tutto questo. E io, che mi sento come un sasso che la Sla ha tirato in mezzo al mare, so molto bene che affonderò, ma questi cerchi mi tengono stretto, sono le mie ciambelle di salvataggio. E non è solo galleggiare, è vivere.
(19 - Avvenire.it/rubriche/slalom)
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