mercoledì 21 aprile 2004
Strappa all'uomo medio le illusioni in cui vive, e con lo stesso colpo gli strappi la felicità.L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva; la storia insegna, ma non ha scolari.Tempo fa avevo desunto un "Mattutino" dall'ascolto radiofonico di un famoso dramma dello scrittore norvegese Henrik Ibsen, L'anitra selvatica (1884). Avevo annotato anche un'altra citazione, che ora propongo in apertura accoppiandola a quella che mi è offerta da un articolo che sto leggendo e che si dice essere di Antonio Gramsci (da L'Ordine nuovo). Il tema è, infatti, comune e riguarda l'illusione a cui ci aggrappiamo. Certo, senza un pizzico di illusorietà è forse impossibile tirare avanti nella vita. Ma accade come per il sale o per le spezie: l'importante è non esagerare.
E qui vien bene l'osservazione di Gramsci: non c'è nulla da fare, anche se sai già che tanti vi hanno sbattuto la testa, tu vuoi lo stesso provare, nella convinzione che tu ce la farai. La storia è maestra ma non ha scolari attenti. L'illusione di smentirla può persino diventare infatuazione ed esaltazione col risultato di cadere in modo più rovinoso. Se come diceva Ibsen, non si può strappare l'illusione dal cuore umano perché essa è sempre un seme di felicità, tuttavia un po' di realismo che impedisce gli abbagli, i miraggi, le chimere è assolutamente indispensabile. Altrimenti si avranno poi persone deluse e disilluse, acri e incattivite di fronte all'insuccesso. Il grande oratore e politico greco Demostene affermava: «Nulla è più facile che illudersi perché l'uomo crede vero ciò che desidera».
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