venerdì 2 giugno 2017
Mentre la maggior parte di noi continua a vivere “come se” – come se il mondo non fosse oggi una terra di robot e di selvaggi – e “tira a campare” alla giornata, magari illudendosi che la pax italica possa durare all'infinito; e mentre una moltitudine di professori e di “addetti ai media” parlano e straparlano di tutto con colpevole superficialità, attenti solo alla loro audience e alla loro carriera ma pronti a saltare addosso a ogni argomento, anche i più terribili, per dire quel che presumono di pensare; ci sono tuttavia degli intellettuali che “si rendono conto”, e che cercano di mettere in guardia, che è poi il massimo che può e dovrebbe fare chi scrive e parla nel pubblico se avesse un'etica professionale adulta. Sui tavoli delle librerie si accumulano i libri fasulli di pensatori fasulli, quelli che “ci marciano”, il cui maggior sforzo di originalità è talvolta nel titolo ma lì si ferma, ma nel mucchio capitano anche libri che sono il risultato di riflessioni motivate e di preoccupazioni sentite, e sui quali è doveroso riflettere. Di questi giorni sono ben due stimolanti libri delle edizioni nottetempo, L'espulsione dell'Altro di Byung-Chul Han, il filosofo coreano che insegna a Berlino già autore dell'illuminante Nello sciame sul popolo di internet, e Esiste un mondo a venire? Saggio sulle paure della fine dei brasiliani Deborah Danowski e Eduardo Viveiros de Castro, che si propongono di parlare in chiave di una antropologia radicale non di un nuovo mondo ma di un nuovo popolo che creda nella salvezza del mondo, che il mondo debba durare. Per Han all'Altro si è sostituito l'Uguale, figura fondamentale per il dominio, un Uguale che si crede un Io e che bada a non lasciarsi mettere in crisi dall'Altro. Han è un autore su cui bisogna tornare, e ha il vantaggio di scrivere saggi brevi e chiari, ma intensissimi. In La grande regressione (Feltrinelli) 15 nomi di protagonisti o bravi o famosi della cultura “di tutto il mondo”, sempre rigorosamente riconosciuta dall'Accademia, si pongono il problema di una nuova rivoluzione culturale o, come ha scritto uno di loro, Baumann, di «una visione globale a lungo termine» che avrà bisogno di tanta pazienza. Come se non ci fosse fretta, come se il mondo potesse durare in eterno! Come se non dovessimo oggi obbligatoriamente, e non solo da un punto di vista morale, muoverci invece secondo la «divina impazienza» di cui ci parlava Aldo Capitini (e ci parlava, ben prima, Gesù). È molto più convincente leggere l'agile pamphlet di Tomaso Montanari – storico dell'arte ma anche strenuo difensore del nostro patrimonio culturale, che è anche un concreto ambiente fisico e naturale e storico – dal titolo Cassandra muta. Intellettuali e potere nell'Italia senza verità edito dal Gruppo Abele. «Tirar fuori la verità» sarebbe il compito primario degli intellettuali. Con la franchezza che gli è propria, Montanari ci guida in un mondo di silenzi e di menzogne, ci aiuta a diffidare di «una cultura che non salva», che non inquieta, che non mette in guardia e, quando è possibile, propone alternative, nuove strade. Anche se, purtroppo, sempre di parole si tratta.
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