Gli atei, i bambini e Dio nella mente: senza la fede è la credulità a vincere
sabato 29 giugno 2013
Sulla «Repubblica» di mercoledì scorso è uscita una notizia che fa notizia. «MicroMega« compare ora in edicola con un numero dedicato all'ateismo. Non può essere questa, naturalmente, la notizia: il mio amico Paolo Flores d'Arcais, fondatore e direttore della rivista, è infatti un noto, intelligente e combattivo «ateo militante». La sua equanimità però è indubbia se arriva a pubblicare un saggio di due studiosi (Vallortigara e Girotto) il cui contenuto solleva qualche dubbio sull'ateismo. La notizia è appunto questa: «L'ipotesi che si è fatta strada in questi anni tra scienziati cognitivi e neuroscienziati è che l'architettura naturale della mente umana farebbe sì che nell'usuale ambiente in cui cresce un bambino, la credenza in un Dio creatore sia destinata ad emergere in modo del tutto spontaneo, anche se le forme in cui si manifesta possono variare con le circostanze socio-culturali».A questo punto il malizioso dirà: la fede in Dio è una cosa da bambini e scompare con l'ingresso nell'età della ragione. Il benevolo dirà invece: quella che gli studiosi chiamano «architettura naturale della mente umana» è sia infantile che adulta, è una dimensione che il vecchio Immanuel Kant chiamerebbe «trascendentale»: una forma (a priori) che precede l'esperienza e le dà senso. Chissà, forse le neuroscienze stanno superando il determinismo secondo il quale «è l'essere sociale che determina la coscienza» (Marx). La ricerca di senso e di rapporti di causa-effetto sarebbe innata e la fede in un Dio creatore risulterebbe più naturale della mancanza di fede. Gli atei militanti dovrebbero perciò accollarsi una fatica di Sisifo: distruggere una fede naturale che, secondo natura, rinasce di continuo. Ma se la fede è naturale, il progetto di estirparla richiede forse una perseveranza diabolica. In effetti che cosa ha ottenuto l'ateismo moderno? Ha ottenuto di sostituire la fede religiosa con la fede atea. Abolita la fede, è aumentata la credulità. L'adulto ateo è più infantile di un bambino: crede solo nei suoi idoli e nei giocattoli che ha fabbricato.
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