mercoledì 10 agosto 2011
La decadenza del dono si riflette nella penosa invenzione degli "articoli da regalo": essi presuppongono già che non si sappia che cosa regalare, perché, in verità, non si ha nessuna voglia di farlo.

Alzi la mano chi, almeno una volta, non ha sbuffato perché costretto a pensare a un regalo da fare in occasione di una data, di un evento o per dovere di gratitudine. Il più gravoso e seccante è di solito il regalo di nozze, tant'è vero che si è inventato quel genere commerciale particolare che è la "lista di nozze". Sconcertante, poi, è l'atteggiamento – per altro mai confessato esplicitamente – secondo il quale si cerca il minor costo col maggior effetto esteriore. A questo comportamento, che ha immiserito un atto così alto, libero e gioioso come dovrebbe essere il dono, dedica uno dei suoi Minima moralia (1951) il filosofo tedesco Theodor Adorno. Egli punta l'indice contro la tipologia che impera in certi negozi, quella appunto degli "articoli da regalo".
Essi evitano sprechi di fantasia nella ricerca di un oggetto, riducono i costi, ci liberano da scelte onerose e perdite di tempo. Ma, come si diceva, cancellano quell'esperienza profonda che è stata formulata da Gesù in un detto che non è nei Vangeli, ma che ci è offerto da san Paolo: «C'è più gioia nel dare che nel ricevere» (Atti 20,35). E l'Apostolo aveva idealmente commentato questo asserto quando, per la colletta a favore dei poveri di Gerusalemme, aveva ammonito i Corinzi così: «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2 Corinzi 9,7). Forse bisognerebbe ritrovare la gioia perduta del saper donare in sincerità.
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