venerdì 23 febbraio 2018
“Avvenire” ha ricordato pochi giorni fa la scomparsa di Giacoma (per gli amici Giacometta) Limentani, a novant'anni appena passati. Ho avuto la fortuna di frequentarla e di godere dei suoi racconti e della sua cultura, ma vorrei ricordarla non tanto come la solida narratrice e la responsabile di un midrash (scuola di studi biblici nei quali aveva una ammirevole competenza: si veda il suo Il midrash: come i maestri ebrei leggevano e vivevano la Bibbia, Edizioni Paoline), e come una delle anime più forti del mondo ebraico romano, un mondo di salda vitalità popolare e di grande tradizione, ma per gli aspetti più insoliti della sua biografia. Perché sì, Giacometta Limentani è stata una delle intellettuali più libere che si è avuta la fortuna di conoscere, che sono state attive nel nostro dopoguerra, dalla Morante alla Ortese alla Rosselli alle maestre del sociale e del pedagogico, nonché del politico. Per esempio, ed è questa forse la cosa che più mi ha colpito quando l'ho conosciuta, Giacometta aveva, grazie a un bizzarro e amato zio che ve l'aveva introdotta, una formidabile competenza in fatto di storia della canzone, in particolare quella francese del primo Novecento, e volentieri si esibiva con gli amici in esecuzioni estemporanee. Durante la guerra era stata nascosta dal padre in un paesino abruzzese. Era convinta che la sua origine vi fosse ignorata, ma mi disse che quando, dopo la guerra, vi ritornò e scese in piazza dalla corriera, la vide e le venne incontro festante il parroco al grido di «Giacometta giudia!». In ragione di un'adolescenza sacrificata suo padre le chiese come avrebbe potuto risarcirla lasciandole fare per un po' di tempo quel che le sarebbe più piaciuto di fare, e Giacometta si esibì per un certo tempo (era anche molto bella) nel teatro di rivista! Ma non solo da qui nasceva la simpatia che suscitava, ché la sua scienza era grande e sapeva come comunicarla, servendo coscientemente da riferimento culturale e morale per un'area assai vasta di persone per la sapienza che comunicava, ma di cui sapeva, quando era il caso, dimenticarsi. Di recente l'editore romano Iacobelli ha riproposto i tre libri della sua trilogia narrativa, In contumacia, Dentro la D, La spirale della tigre e scritti sulla sua opera curati da Adriana Chemello, Il mosaico della memoria. È stato in occasione della loro presentazione alla Casa della memoria di Roma per il suo novantesimo compleanno, il 13 dicembre scorso, che ho visto Giacoma Limentani per l'ultima volta, maestra ironica e autoironica, espressione esemplare di una grande tradizione.
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