giovedì 12 marzo 2009
III Domenica
di Quaresima Anno B

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (...)

Probabilmente già un'ora dopo i mercanti, recuperate le loro bestie, avevano ripreso possesso delle loro postazioni. Il denaro scorreva di nuovo di mano in mano, necessario e benedetto: «è per la devozione dei pellegrini, è per le elemosine»!
Eppure il gesto di Gesù non è rimasto senza effetto. Quell'evento è ancora rivelativo dell'autentica fede evangelica. È profezia che si rivolge ancora oggi agli abili custodi dei templi, e li invita a credere più nei progetti dove sono coinvolte persone, che in quelli dove è coinvolto denaro. Ma che interpella ciascuno, tentato di instaurare con Dio la legge del mercato, di rinnovare in sé l'eterno errore di pensare che Dio, la salvezza, la croce si possano meritare. Dio non si merita, si accoglie. La croce di Cristo è immeritato eccesso, divina follia, gratuità assoluta. Il capovolgimento portato da Gesù è un Dio che non chiede più sacrifici, ma che sacrifica se stesso per noi, prende su di sé il male e lo porta fuori dal mondo, fuori dal cuore, lo inchioda sulla croce.
Quando i Giudei gli chiedono di giustificare il suo gesto, Gesù porta gli uditori su di un altro piano: Distruggete questo tempio e io lo riedificherò. Non per una sfida a colpi di miracolo, ma per una alternativa: tutt'altro è il tempio di Dio. Gesù instaura la religione dell'interiorità, porta l'uomo sulla via del cuore, va fino in fondo alla linea della persona, e non a quella dell'istituzione o delle cose. Non è questione di templi, come aveva pensato la Samaritana, non è questione di luoghi (dove si adora? A Gerusalemme o sul monte Garizim?), ma di spirito e verità. Di autenticità, di cuore.
Nel Vangelo vediamo Gesù frequentare talvolta il tempio, ma molto più spesso la vita, case, campi, lago, villaggi e polvere, tanta polvere delle strade di Palestina. Gesù insegna che Dio ci raggiunge nella vita di tutti i giorni, suo tempio fragile e bellissimo e infinito. Se potessimo imparare a camminare nella vita, nella vita interiore e in quella degli altri, con venerazione; a camminare nel cosmo facendo di ogni passo un pellegrinaggio sacro!
L'ultima parola del Vangelo oggi dice: «Egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo». O Dio, che conosci cosa c'è di ansie, di paura, di forza, di tenebra nel cuore dell'uomo, tu che ci hai fatti così, ricordati che siamo deboli e cadiamo facilmente, ma ricordaci anche che siamo tuo tempio, che in noi c'è il bene più forte del male, c'è il bene più antico del male, e l'amore di domani.
(Letture: Esodo 20,1-17; Salmo 18; 1 Corinzi 1,22-25; Giovanni 2,13-25).
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