giovedì 2 novembre 2017
L'autunno con i suoi colori infuocati e i suoi primi freddi, ha sempre suscitato fascino e riflessione. Tutto muore, eppure l'uomo sa di essere di fronte a un morire che è solo promessa di rinascita. Ogni foglia che cade lascia il potenziale posto a una nuova germinazione che a primavera si rivelerà. Non fa meraviglia come la Chiesa abbia collocato la Commemorazione dei defunti e la Festa di tutti i Santi proprio in questa stagione.
Nell'autunno 2017, non diversamente da altre stagioni di questo drammatico inizio di secolo, le calamità naturali – siccità, incendi, nubifragi – si accompagnano a morti assurde e a discussioni sterili sulla vita umana. Sterili non perché inutili, anzi necessarie, sterili perché talora prive di quella prospettiva eterna che sola può dar valore all'inizio e alla fine della vita.
Guardavo una consorella radunare pazientemente le foglie secche del nostro giardino in un angolo del parco e mi tornava alla mente un dipinto di John Everett Millais intitolato, appunto, Foglie d'autunno. Basterebbe digitare su un qualunque motore di ricerca: 1856, l'anno in cui l'artista dipinse questa tela per rendersi conto di cosa si agitava nel mondo di allora. Il 5 marzo un incendio terribile, a Londra, distrugge il Convent Garden Theatre, il più importante teatro d'opera del mondo. Il 10 agosto un uragano distrugge Last Island nella Louisiana; in novembre scoppia la guerra anglo-persiana mentre, in dicembre, Gregor Mendel, monaco agostiniano, inizia le ricerche sulla genetica. Oltre a tutto ciò in quello stesso anno John Everett Millais, membro della confraternita dei pre-raffaelliti, sposò la sua modella, già moglie di John Ruskin, estimatore dei preraffaelliti e amico dello stesso Millais. La donna, di nome Effie, ottenne l'annullamento perché il precedente matrimonio non era stato consumato, ma – stante i tempi – la questione fece grande scalpore e deteriorò i rapporti di Millais, non solo con Ruskin, ma con la stessa confraternita. In pochi tratti si coglie la stretta parentela della vita del nostro artista con il panorama culturale che ci circonda, cosicché un'opera apparentemente sentimentale, come Foglie d'autunno, inizia a parlarci.
Le due ragazzine vestite di nero, evidentemente di buona famiglia, sono le sorelle di Effie Gray. L'abito nero rimanda a una tragedia avvenuta nella famiglia Gray una decina d'anni prima: la morte di due sorelline di Effi. Le altre due bambine sono, invece, due popolane, già ritratte da Millais nel dipinto la ragazza cieca. Il senso simbolico dell'opera è chiaro. Lo stesso autore, confidandosi per lettera con un critico d'arte, afferma di voler dare al dipinto un significato di consapevolezza religiosa, dove le ragazze incorniciate da un panorama solenne e crepuscolare sono intente a un rito, similmente ai celebranti davanti all'altare.
La bimbetta in primo piano ha in mano una mela, rimando al peccato d'origine forse, ma anche al celebre gioco in voga nel giorno di Halloween, festa, appunto di tutti i Santi. Una poesia di Alfred Tennyson fu ispiratrice segreta della scena: Lacrime, vane lacrime ed arcane/
dal sen d'una divina disperanza,/ sorgano in cuor s'accolgano negli occhi/ Vedendo i lieti campi d'autunno,/ pensando ai giorni che non sono più. Le bimbe di Millais, emblema di giovinezza, la caducità delle foglie e il rimando a Halloween, festa in cui si celebravano i santi defunti non iscritti nel calendario, sono il pretesto per l'artista di ricordare che senza una tensione piena all'eternità le lacrime sono veramente vane e solo amari i giorni che non sono più.
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