sabato 23 luglio 2005
Donami anche per oggi il buonumore,/ l'ilarità vincente dei bambini/ prossimi al pianto,/ quasi non ci fosse differenza/ nella dolce demenza, nell'insieme./ È la fluidità/ l'arte del cuore/ che m'insegni lo scorrimento/ a vuoto. Impressiona sempre assistere, nel bambino, al passaggio repentino dal pianto più disperato al sorriso pacato e sereno. Può sembrare un'assurdità, una "dolce demenza", ma alla fine è anche un'uscita di sicurezza, una smitizzazione della realtà, è il superamento di una razionalità troppo codificata e rigida. È quella qualità che Marco Guzzi, poeta cinquantenne ben affermato, illustra nei versi che ho desunto dalla sua ultima raccolta, Nella mia storia Dio (Passigli) e che egli chiama «fluidità». Certo, viviamo in un mondo in cui, come ha suggerito il sociologo Z. Bauman, tutto è «liquido», ossia inconsistente, transitorio, relativo. È curioso che noi denominiamo talora il denaro contante come "liquido", creando l'idea di qualcosa di instabile e di mutevole attorno alla realtà a cui più ci aggrappiamo per essere sicuri. Tuttavia esiste anche il rischio opposto, quello della rigidità, dei pensieri rattrappiti, dei sentimenti legnosi, degli odi imperituri, delle idee fisse, degli scoraggiamenti definitivi. Ecco, allora, questa «fluidità» che ci permette di transitare da una situazione all'altra, di fare qualcosa anche «a vuoto», in libertà e gratuità. Questa - dice ancora Guzzi - è «l'arte del cuore», che ci rende meno schiavi del calcolo e più lievi, meno pedanti e più generosi, meno ostinati e più dolci, proprio come i bambini.
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