giovedì 3 ottobre 2002
Ogni giorno la fede e l'amore si devono conquistare attraverso una lotta con il dubbio. La vittoria sul dubbio è la sola, vera affermazione del credere. In una delle ultime pagine del suo Diario di un cronista (Rai Eri - Mondadori) il notissimo giornalista Sergio Zavoli raccoglie una serie di testimonianze sul credere e sul pregare da parte di personalità le più disparate. Ho scelto quella di un regista che mi è particolarmente caro, Ermanno Olmi. Egli ci ricorda un dato spesso disatteso e persino fonte di equivoci o di ansie. Fede e amore non sono soltanto sorgenti di pace e di felicità. Anzi. Basti solo pensare ad Abramo e alla sua terribile prova consumata sul monte Moria
con l'inconcepibile comando divino riguardante l'uccisione sacrificale del figlio (Genesi 22) o alla lotta notturna di Giacobbe col Dio misterioso, celato sotto le spoglie di un essere forte (Genesi 32), o alla lunga e tormentata vicenda di Giobbe, pronto a credere in Dio quand'anche lo uccidesse. Credere e amare sono due avventure dell'anima che, però, coinvolgono carne e sangue, inquietano più che consolare, esigono prima ancora di donare, lacerano ed esaltano. E' per questo che dobbiamo insospettirci di una fede troppo quieta, che smorza ogni emozione, che non costa e non impegna più di tanto, che è troppo ovvia e non deve combattere col dubbio. Certo, essa è anche serenità e gioia. Ma Zavoli ci ricorda un'altra frase significativa. E' di Carlo Bo: «Ho l'impressione che la voce di Dio passi sui nostri cuori e non lasci traccia. Il consenso senza sofferenza che diamo a Dio è solo un altro modo, fra tanti, di non rispondergli».
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