martedì 19 aprile 2011
Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola di Dio perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola. Facciamo silenzio dopo l'ascolto della Parola perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi. Facciamo silenzio la mattina, perché Dio deve avere la prima parola. Facciamo silenzio prima di coricarci perché l'ultima parola appartiene a Dio.

Con passo silenzioso entriamo nella Settimana Santa, un'espressione che una volta scandiva giorni vissuti in sobrietà e con qualche fremito interiore e oggi, purtroppo, segnati solo dai bollettini meteorologici o del traffico, unica guida indispensabile per le vacanze pasquali. Lo facciamo sulla scia di questo appello bellissimo di Dietrich Bonhoeffer, il teologo martire nel lager nazista di Flossenbürg nell'aprile del 1945. L'appello è tutto ritmato su un'apparente antitesi, parola-silenzio. In realtà, le vere parole, quelle che nascono dal cuore, strappate dalla verità intima, e non estratte dalla tasca della giacca per essere spese nella chiacchiera o nell'uso quotidiano, hanno bisogno di un alone di silenzio.
Soprattutto quando sono di scena le grandi parole, anzi la Parola per eccellenza, quella divina. Con un orecchio ostruito dalle ortiche del vaniloquio non è possibile lasciare spazio a una Parola così alta, che inquieta e consola, che ammonisce e pacifica, che provoca e rasserena. Ecco, allora, una piccola scelta almeno per questi giorni particolari: ricreare nel deserto dell'esistenza quotidiana due piccole oasi alla mattina e alla sera. Modesti orizzonti di silenzio in cui lasciar vagare gli occhi sulle righe di un testo sacro, custodire l'orecchio dal rumore incessante, penetrare nella profonda stanza della coscienza. C'è un bellissimo verso del poeta Vittorio Sereni (1913-1983) che dice: «Con non altri che te è il colloquio" E qui ti aspetto». Sono parole che valgono per ogni vero incontro d'amore, per ogni attesa di uno svelamento dell'altro. Anche dell'Altro supremo e misterioso, cioè di Dio.
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