martedì 8 novembre 2022
H àpax di nome, Legòmenon di cognome, spesso tralasciato. Tradotto dal greco antico, è ciò che viene detto (legòmenon) una sola volta (hàpax). La nozione, ben nota a filologi e linguisti, designa la parola di cui risulta un’unica occorrenza in tutta la tradizione letteraria. In ambito greco gli hàpax si manifestano con dispettosa imprevedibilità. E così nell’Iliade al rozzo soldato Tersite viene affibbiato l’appellativo di pholkòs, sul cui significato sono indecisi anche i commentatori più antichi. L’ipotesi più probabile che nell’oppositore di Ulisse ci sia qualcosa di storto, ma non è chiaro se siano strabici gli occhi o incurvate le gambe. Meno impenetrabile, ma ugualmente inconsueto, è l’aggettivo epioúsious, che descrive un bene utile “al momento” o, meglio, “al presente”. Lo ritroviamo riferito al pane (àrtos) nella preghiera del “Padre Nostro”, sia secondo Matteo sia secondo Luca. Questa coincidenza Comparse sulla definizione di “pane quotidiano” suggerisce che epioúsious sia un termine in uso all’epoca di Gesù, la cui pregnanza ci sfuggirebbe se non ci fosse questa concorde attestazione degli evangelisti. Ciò che è detto una volta sola, dunque, è detto per sempre. È una parola che subito rivendica per sé qualcosa di solenne. In alcuni casi, qualcosa di divino. © riproduzione riservata
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