sabato 15 marzo 2003
Riponi in un cassetto un desiderio: dopo un po' aprilo e vi troverai un disinganno. Amaro e disincantato come sempre il nostro Pirandello, a cui appartiene questa battuta pessimistica. È indubbio che tutti possiamo elencare una lunga lista di desideri frustrati. Abbiamo sperato, sognato, atteso e alla fine ci siamo trovati tra le mani un pugno di mosche. Oppure il desiderio realizzato si è rivelato molto meno gustoso e affascinante di come l'avevamo immaginato. Machiavelli nella sua commedia La Mandragola metteva in bocca a un personaggio questa rilevazione realistica: «Non sai tu quanto poco bene si trova nelle cose che l'uomo desidera, rispetto a quello che l'uomo ha presupposto trovarvi?». Dobbiamo, allora, concludere con la convinzione di Pirandello? Tempo fa ho ricevuto una lettera di un uomo di cultura che aveva messo come motto una frase del poeta inglese Alexander Pope (1688-1744) che suonava così: «Beato colui che non si aspetta nulla perché non sarà mai deluso: è questa la nona beatitudine!». In realtà, senza il fremito del desiderio e della speranza, la vita si ingrigisce e intristisce, non si opera più, non ci si impegna né per sé né per gli altri. Tuttavia, per nostra fortuna, anche dopo una delusione, spesso riaffiora nell'anima la carica per riprendersi e ritentare. È un po' questo il segno che l'uomo è fatto per l'infinito e che il suo anelito, anche se ferito o mortificato, torna sempre a palpitare e a vibrare. In uno dei testi sacri indiani, il Dhammapada, si legge: «Qual è la liana dell'esistenza? Il desiderio!»
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