Davvero la cultura europea è unita?
venerdì 3 aprile 2020
Dov’è l’unità dell’Europa unita? La cronaca economica e politica non fa che constatare e ripeterci che mentre dichiariamo di voler essere uniti, gli europei risultano poco uniti, poco solidali e anche poco simpatetici. La storia è fatta di vari strati, come del resto avviene nella personalità di ogni singolo individuo, che ha sensazioni fisiche, emozioni, pensieri più o meno determinati da desideri, interessi e volontà. Da “materialista dialettico” non si sa se più onesto o più cinico, Bertolt Brecht scrisse che «erst kommt das Fressen, dann kommt die Moral», prima viene il mangiare, poi viene la morale. Ma anche il giovane mistico indiano che portò negli Stati Uniti il neoinduismo alla fine dell’Ottocento, Vivekananda, disse nel corso di un convegno interreligioso a Chicago che «è un insulto offrire la religione a chi muore di fame». L’Europa è attraversata da continui conflitti e divergenze scoraggianti ogni volta che si tratta di interessi economici e materiali. Ma anche in una situazione di gravissima emergenza come l’attuale, mostra quanto fragile sia la sua unità. Fino al 1945, quando finì la Seconda guerra mondiale, ma in altro modo fino al 1989, quando finì la guerra fredda, l’Europa è stata drammaticamente divisa. Ci sono cose accadute allora (crimini, persecuzioni, stermini) che non si devono dimenticare; ma ci sono anche rivalità, diffidenze e nazionalismi che sarebbe bene dimenticare. C’è da dire comunque che nonostante il violento shock morale provocato nella cultura europea dalle due guerre mondiali, già all’inizio degli anni cinquanta, quando venne avviato il processo di unificazione con l’Euratom (comunità europea dell’energia atomica), la Ceca (comunità europea del carbone e dell’acciaio) e la Cee (comunità economica europea), si parlò più di risorse economico–energetiche che di unità culturale, di idee e scopi sociali. Poteva anche sembrare un sano pragmatismo che diffidava delle ideologie e dei disastri da queste provocati. Ma ci si meraviglia ogni volta che si leggono pagine di grandi intellettuali europei del Novecento a proposito di Europa. Per esempio alcuni scritti del poeta austriaco Hugo von Hofmannsthal pubblicati da Aragno con il titolo La letteratura come spazio spirituale della nazione”. L’autore vola alto, anche troppo, e i suoi argomenti suscitano qualche dubbio, soprattutto quando l’Austria e la cultura germanica vengono proposte, dopo la guerra 1914–18, come modelli di universalismo da preferire alle culture francese, inglese e russa. Ma è interessante che si parli di Europa parlando di Shakespeare, di Goethe e Tolstoj. Benché generalmente in declino, la cultura europea è molto più unita della politica. Ma non è cultura migliorare per prima cosa i rapporti fra gli esseri umani?
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