sabato 5 gennaio 2013
Roma, anni 80. A piazza Navona, di maggio. Ho poco più di vent'anni. La luce radiosa del mezzogiorno romano mi acceca. Come cercando un riparo spingo, a caso, la porta di San Luigi dei Francesi.Nella penombra della chiesa noto un fluire di turisti verso l'angolo sinistro, in fondo. Curiosa, li seguo. Mi trovo di fronte alla Vocazione di Matteo di Caravaggio. Ignorante di arte come sono, tuttavia è come se mi mettessi sull'attenti.Aspetto che un gruppo di tedeschi si allontani, rimango sola a fissare i pubblicani, e il gesto di Cristo, imperioso, che chiama. Che facce hanno quegli uomini, così pesanti e carnali; e Gesù che non ne è scandalizzato, ma sceglie, e convoca, il peccatore. (Intanto la lampadina in quell'angolo si spegne. C'è un contatore a monete; nervosamente infilo nella fessura degli spiccioli. La luce si riaccende con un clic).Mi commuove il ragazzo a capo chino, che nemmeno alza gli occhi davanti a Cristo, come fosse già perduto. E se fosse lui in realtà Matteo, mi domando, e non il vecchio che indica se stesso? Mi pare lui l'ultimo, il giovane disperato su una manciata di inutili denari. (Innamorarsi, a vent'anni, di un Caravaggio, e tornare a trovarlo per tutta la vita. Come se ti riguardasse; come sognando di essere stata anche tu, a quella tavola, quel giorno).
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