Dare o ricevere
mercoledì 15 gennaio 2025
Quando scrive «Beato l’uomo che ha cura del debole» (Sal 41,2), il salmista sembra essersi lasciato andare a un momento di distrazione. Non voleva piuttosto dire: “Beato il povero o il debole a cui qualcuno pensa”? Se infatti ci si prende cura degli sventurati, è appunto per renderli meno sventurati, per dare loro qualcosa che assomigli alla felicità. Se alla fine è colui che aiuta a ritrovarsi felice, si direbbe che ci sia sfuggito qualcosa. Eppure, il salmista è concorde con Gesù stesso, di cui san Paolo riporta questa parola: «Si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35) – unica beatitudine di Gesù che non venga a noi da un Vangelo. Beatitudine che viene a confermare ciò che tutti i volontari e volontarie del mondo sanno bene: nel prendersi cura dei più piccoli e dei più deboli, essi ricevono molto più di quanto non diano. E che ne è, allora, della felicità degli sventurati? Non ce ne preoccupiamo mai tanto come quando consentiamo loro di manifestare anch’essi, nella misura loro possibile, cura per i più deboli – senza dunque imprigionarli nel ruolo di oggetti della nostra generosità, ma lasciandoli diventare soggetti capaci di amare, di prendersi cura degli altri e di dare. © riproduzione riservata
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