mercoledì 3 gennaio 2024
Fino al 7 gennaio, al Mast di Bologna, il viaggio del fotografo tedesco attraverso i luoghi della cultura produttiva contemporanea, fra storia, identità e globalizzazione
Al Mast di Bologna la mostra del fotografo tedesco Andreas Gursky. Nell'immagine, un particolare di "Salinas, 2021"

Al Mast di Bologna la mostra del fotografo tedesco Andreas Gursky. Nell'immagine, un particolare di "Salinas, 2021" - © Andreas Gursky

Un cielo dalle sfumature variopinte di rosa, viola, indaco si riflette sugli specchi d’acqua delle saline. Un’immagine che non fa pensare immediatamente all’industria. Eppure c’è un’industria millenaria che si muove così e su cui «l’Italia è stata da sempre avanti». Quella del sale, appunto. Con i ritmi, i tempi e i colori della natura. È questa immagine del fotografo tedesco Andreas Gursky a stagliarsi fra le architetture moderne del Mast di Bologna, riflettendosi a sua volta sulla meravigliosa scultura specchiata di Anish Kapoor, Reach, che da sola vale il viaggio in questo luogo dove la fotografia incontra il mondo del lavoro e dell’impresa. Punti di vista che si moltiplicano, attraverso territori visivi inaspettati e coinvolgenti, che esplorano - annullandoli - i limiti tra vuoto e pieno, ideale e reale, spirituale e terreno.

Al Mast di Bologna la mostra del fotografo tedesco Andreas Gursky. Nell'immagine: Salinas, 2021

Al Mast di Bologna la mostra del fotografo tedesco Andreas Gursky. Nell'immagine: Salinas, 2021 - © Andreas Gursky

Sotto il cielo di Bologna, le saline di Gursky introducono un viaggio tra i siti di produzione dell’industria in «un arco temporale di oltre 5mila anni: dalla piramide di Cheope ai centri logistici di Amazon in Arizona, passando per il porto di Salerno che ci parla dell’industrializzazione degli anni 70 e 80 in Italia». Al nostro Paese volge spesso lo sguardo Gursky perché «da sempre ho ammirato la cultura industriale italiana, soprattutto del Nord. E in particolare della Motor Valley. Penso a De Tomaso o Maserati. I modellini di queste auto mi hanno accompagnato sin da quand’ero bambino».

Dopo il successo della Biennale di Foto Industria, c’è tempo fino al 7 gennaio per addentrarsi nella prima antologica in Italia dedicata all’artista tedesco, Andreas Gursky. Visual Spaces of Today, che copre oltre quarant’anni di attività e segna l’inizio della celebrazione di due ricorrenze: i 100 anni dell’impresa G.D e i 10 anni di Fondazione Mast. Un percorso fra ampie visioni (e grandi formati) a cura di Urs Stahel e dello stesso Gursky che per la prima volta compone un percorso a tutto tondo fra le sue opere che generalmente nascono e si chiudono in una fotografia. Quaranta storie visive per raccontare l’industria nel tempo di oggi. Scorrono marchi, lavori e produzioni assai diverse: una sede di Kodak, i box della Formula 1, uno stabilimento Toyota, le spiagge di Rimini, uno showroom di Prada, la Borsa di Tokyo, passando per le produzioni industriali di carne, verdura e fiori, una farm di pannelli solari, “hub di transito” – alberghi, porti, aeroporti –, l’industria del tempo libero, le sedi della politica e i templi dell‘arte.

Esplorando questi luoghi Gursky prova a rivelare sovrastrutture e retroscena di eventi e dinamiche sociali, in una società improntata al capitalismo finanziario. Visualizza molti elementi della globalizzazione (con alcuni dei suoi effetti spesso deleteri), tiene vivo l’interesse nei confronti delle complessità del mondo, delle sue bellezze e dei suoi lati oscuri, cerca i segni ricorrenti delle strutture proprie del convivere, del produrre, dell’agire, ma lascia a noi osservatori esprimere un giudizio critico. «Le sue immagini di grande formato sono assurte al rango di vere e proprie icone contemporanee e hanno contribuito ad assegnare alla fotografia lo status di arte – ha detto Urs Strahel –. La finezza con cui Gursky seleziona il presente e mette a fuoco i suoi soggetti, andando al fondo delle cose e allo stesso tempo mantenendo nitido il quadro generale, risulta evidente nelle sue inconfondibili composizioni visive. Sfidando il nostro pensiero oltre che il nostro sguardo, le sue opere ci aiutano a inquadrare il paesaggio contemporaneo e a definire la nostra esperienza del mondo».

Fotografia come pittura, statica e nello stesso tempo dinamica. Pennellate su un tardo capitalismo che nell’era della globalizzazione ci impone di riflettere su quale modello di sviluppo vogliamo per il domani. Lo fa senza giudizi, con immagini che catturano l’attenzione e aprono le porte a un’esperienza personale e universale insieme. Un passo con l’arte e un passo verso la conoscenza, la consapevolezza. E di tutte le quaranta visioni industriali di un mondo produttivo sempre più variopinto, complesso e forse poco umano, ecco quelle sfumature di cielo rosa e viola che si riflettono sulle saline, riportano tutti al senso millenario e alla meraviglia del fare per l’uomo e la società. «Non mi interessa l’individuo – è il pensiero di Gursky - ma la specie umana e il suo ambiente». Il cielo e la terra, e il futuro del mondo nelle nostre mani.

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