Così Antonio Debenedetti scompone il suo Novecento metafisico e borghese
sabato 25 maggio 2013
Dopo quindici anni ricompare da Marsilio Amarsi male di Antonio Debenedetti, probabilmente la sua migliore raccolta di racconti. Dunque, quello che si potrebbe definire un classico d'epoca: un «piccolo capolavoro» scrive Cesare De Michelis nel risvolto di copertina, «il vertice di una ricerca spietata e persino crudele sull'origine di un mal di vivere diffusosi come un'epidemia pestilenziale, che ha corroso i sentimenti […] lasciandosi dietro un vuoto paradossalmente pieno come una discarica di periferia, dove si spegne anche il “buio sorriso” di un inverno che non ha fine».Ho usato, ma senza enfasi, il termine «epoca» per indicare il tempo storico di questi racconti. Ma il problema, o meglio il tema, è proprio qui. Di quale epoca si tratta? Il lettore può restare interdetto perché, per esempio, in un racconto si parla di paura dell'Aids e in un altro si dice che «poi scoppiò la guerra». Dove siamo? Negli anni Trenta o negli anni Novanta? L'epoca della narrativa di Antonio Debenedetti è in realtà l'intero Novecento, più precisamente il cuore del Novecento, fra il 1920 e il 1990, un'epoca che comprende e sovrappone la vita del narratore e quella di suo padre Giacomo, il grande critico e diagnostico morale del «secolo breve» in Italia e in Europa. Anche Antonio, come suo padre, è un diagnostico e un moralista, così implacabilmente nitido da essere visionario. Maestro del narrare in breve, in questi quattordici racconti, Debenedetti junior mira e fa subito centro sul dettaglio ambientale e fisiognomico. Ma il dettaglio si fissa e ingigantisce nella mente del lettore, sprigionando un ambiente, poi una vicenda, poi un destino. In questi racconti il romanzo novecentesco si condensa in parabola critica. Il Novecento, i suoi personaggi, la sua società compaiono perciò nello specchio di un tempo moderno senza confini, come senza confini era l'immobile mondo premoderno della fiaba classica, in cui ogni caso singolare è già un archetipo. Così la vita privata e storica della borghesia entrano nella metafisica. Come in Pirandello e Eliot, Savinio e Pinter. Siamo in un limbo, o in un blando inferno di anime accidiose.
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