Contro la retorica torniamo al diario
venerdì 22 ottobre 2021
Se la attuale narrativa italiana appare così spesso povera, anche quando è sovreccitata e quando gli autori ce la mettono tutta per escogitare inusitate percezioni “aumentate”, ritmi frenetici, questo succede perché a dominare è la retorica. Si racconta con enfasi, si esagera, si deforma per coprire, nascondere, mascherare la povertà della materia narrata. La retorica, o tecnica degli artifici, ha due possibilità: rivelare o mascherare, far capire o fare effetto. Delle due, una: se non fa capire, trucca e nasconde. Devo queste osservazioni a un piccolo libro di Edoardo Albinati, un po' diario e un po' pamphlet: Velo pietoso. Una stagione di retorica (Rizzoli, pagine 148, euro 12,00). «È una stagione così», dice subito Albinati, «una stagione muta, in ascolto. La sua afasia è comunque rumorosa. Parole che non vanno a segno, parole svalutate, rimaste in testa o sulla punta della lingua, altre invece che si dimenano sguaiate, per paura di non essere espressivi abbastanza». Il piccolo libro registra e raccoglie appunti, riflessioni, insofferenze che riguardano l'intera società e cultura, a partire soprattutto da minimi sintomi linguistici: tic verbali inutili o volgari, frasi vuote o ammuffite, qua e là improvvisamente straniate però da magnifici aforismi. Da un lato si sente ripetere «metterci la faccia», «a schiena dritta», «sii te stesso», «dobbiamo affrontare quelli che sono i problemi», ecc. ecc., e dall'altro, per esempio, il grande autore di Crisi della civiltà, Johan Huizinga, che scrive: «Con la svalutazione della parola, cresce in proporzione diretta, l'indifferenza verso la verità». Da marzo a giugno di quest'anno Albinati ha scritto il suo diario non intimo ma ambientale in cui si mescolano i danni della stupidità e le reali tragedie che altre stupidità possono provocare. Sarà perché apprezzo il genere del diario-pamphlet, ma mi viene in mente che a molti dei nostri narratori improvvisati è come se mancasse la pratica del diario, dello scrivere nel modo più semplice e diretto che cosa si vede, che cosa si pensa, che cosa si teme, che cosa si vorrebbe.
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