venerdì 23 marzo 2018
Claudio frequenta la quinta liceo e di pomeriggio viene da noi a fare l'insegnante di lingua italiana agli immigrati. Non ha interesse a ritirare l'attestato. C'è una febbre nel suo sguardo teso. Una specie di scarica elettrica. Arriva direttamente da scuola con lo zainetto ancora pieno di libri, dopo aver sbocconcellato un panino. Si mette davanti a Mohamed e gli spiega il passato remoto. Ascolta come lo ripete a memoria. Corregge la grafia delle parole sul quaderno. Lo aiuta a scrivere un messaggio al cellulare. Trascorrono insieme un paio d'ore. Ogni tanto il giovane volontario si alza e va a fare una fotocopia, poi torna e verifica l'esercizio del coetaneo allievo. Le prime volte mi ero seduto vicino a entrambi per controllare le operazioni; presto mi sono reso conto che non ne avevano bisogno. Procedevano sicuri per conto proprio. Appena finito, Claudio inforca lo scooter e torna a casa a fare i compiti. La sera segue un corso di formazione per arbitri di calcio, il che gli consente di entrare gratis allo stadio. Non so come riesca, ma trova il tempo per andare in palestra. Gli ho chiesto cosa farà dopo il diploma. Mi ha detto filosofia. Abbiamo ripassato gli schemi kantiani. Parlando con lui ho avuto l'impressione di sfiorare un magma incandescente: il futuro che incombe.
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